NOME SCIENTIFICO:
Rumex acetosa, detta anche erba brusca e Rumex acetosella o acetosa minore.
FAMIGLIA:
Poligonacee
DESCRIZIONE:
L’acetosa è un’erba perenne rustica, piuttosto comune nei prati di tutta la penisola italiana, le cui foglie coriacee emanano odore erbaceo e hanno sapore acidulo.
FUSTO: Il fusto dell’acetosa è eretto, ramificato, di colore rossastro e supera sempre il mezzo metro d’altezza; quello dell’acetosa minore invece si innalza al più per una trentina di centimetri. FOGLIE: Le foglie di questa erba sono disposte alternativamente lungo lo stelo e hanno forma oblunga di lancia; le superiori sono più strette delle inferiori. Esse hanno un odore caratteristico e un sapore decisamente acidulo che, più lieve a primavera, si intensifica poi con l’avanzare delle stagioni. Le foglie dell’acetosa contengono vitamine, in particolare vitamina C, e sali minerali.
FIORI:Dalla primavera avanzata fino ad agosto sbocciano, su piante maschili e femminili distinte, i minuscoli fiori rossicci riuniti in piccole pannocchie terminali. Per favorire l’emissione di nuove foglie conviene recidere le infiorescenze.
HABITAT:
La Rumex acetosa è pianta assai diffusa sui pendii pratosi ben esposti e riparati dai venti e nelle zone coltivate di tutta la penisola italiana; è un’erba che predilige un terreno argilloso e ricco. La Rumex acetosella, le cui foglie anziché acidule sono amare, predilige invece un substrato sabbioso, asciutto e acido.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione ideale per l’acetosella è decisamente ombreggiata.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione dell’acetosa può avvenire per semina, da effettuare in primavera su substrato umido (in questo caso la germinazione avviene in una decina di giorni) o per divisione dei cespi, questo metodo va effettuato nella stagione autunnale.
CRESCITA:La coltivazione della romice acetosa non presenta di norma nessuna particolare difficoltà: occorre solo tenere presente che le lumache sono ghiotte dei suoi germogli e dunque spargere sul terreno alcuni granuli di lumachicida o proteggere le piantine con altri metodi. Per avere foglie ricche di succo è bene innaffiare regolarmente le piante.
RACCOLTA:Già due mesi dopo la semina si può incominciare la raccolta delle foglie.
CONSERVAZIONE: E’ sufficiente riparare le piante con un telo, o metterle a dimora in posizioni riparate, per avere a disposizione foglie fresche in ogni periodo dell’anno.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Le foglie dell’acetosa possono venire mangiate come fossero spinaci, cioè dopo averle lessate, oppure possono venire aggiunte alle minestre. Un accorgimento per rendere questa verdura più gradita consiste nel cambiare l’acqua, una volta, durante la cottura, in modo da ridurre il tipico sapore acidulo. Le foglie tenere possono anche venir mangiate crude in insalata. Un altro utilizzo dell’acetosa consiste nel preparare una salsa verde adatta in particolare al pollame e al pesce; il procedimento è il seguente: si lavano e poi si lessano una manciata di foglie di acetosa e mezza manciata di foglie di crescione assieme ad una cipolla (che poi va tolta), quindi si mescola il tutto con olio, aceto, sale e pepe fino ad ottenere una massa cremosa. BELLEZZA:: Un impacco di foglie fresche, sminuzzate e stese sulla pelle del viso, chiude i pori dilatati e fa scomparire i cosiddetti “punti neri”. SALUTE:: Le foglie dell’acetosa esercitano un’azione digestiva e rinfrescante; la radice, estratta dal terreno in autunno e posta in infusione o decotta, svolge azione lassativa e diuretica.
CURIOSITA’:
Per il loro alto contenuto di calcio e sali minerali l’acetosa e l’acetosa minore sono sconsigliabili a chiunque soffra di calcolosi renale.
NOME SCIENTIFICO:
Oxalis acetosella
FAMIGLIA:
Ossalidacee
DESCRIZIONE:
L’acetosella è una piantina perenne d’aspetto simile al trifoglio, ma più elegante sia per il portamento che per la delicata bellezza dei fiori. Questa erbacea dal buon valore ornamentale è piuttosto comune nei luoghi ombrosi delle colline e montagne italiane.
FUSTO: Sia le foglie che i fiori di questa erba si innalzano su lunghi gambi sottili che spuntano dalla base del cespo. FOGLIE: Le foglie dell’Oxalis acetosella si sviluppano sulla cima di lunghi peduncoli sottili e sono tripartite, cioè costituite da tre foglioline cuoriformi riunite in un trifoglio. Le foglioline si ripiegano perfettamente su se stesse quando viene sera o quando il tempo volge al peggio. Dapprima di un colore verde chiaro queste foglie si scuriscono e si ingrandiscono con l’avanzare della stagione; esse sono inconfondibili, oltre che per la forma, per il sapore acidulo che risulta gradito ai bambini poiché è decisamente dissetante. Di norma le foglie dell’acetosella si raccolgono durante la fioritura quando il loro potere balsamico è al culmine.
FIORI:L’acetosella presenta fiori solitari che possono essere bianchi con sottili venature lilla, o rosati con venature azzurrine; il centro dei fiori, che hanno cinque petali, è macchiato di giallo. Questi fiori sbocciano a primavera avanzata, verso aprile-maggio, per un breve periodo di tempo; altre specie appartenenti alla stessa famiglia, come l’Oxalis corniculata e l’Oxalis stricta, presentano fiori gialli rifiorenti per tutta l’estate.
HABITAT:
L’Oxalis acetosella ama un terreno fertile e ricco d’umidità e predilige le zone ombrose montane o collinari ove è molto frequente.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione ideale per l’acetosella è decisamente ombreggiata.
RIPRODUZIONE: L’acetosella si dissemina spontaneamente con grande facilità.
CRESCITA:Non vi sono particolari norme da seguire per avere successo nella coltivazione, occorre solo non fare mancare l’acqua ai cespi.
RACCOLTA: Il periodo migliore per procedere alla raccolta delle foglie di acetosella è quello primaverile.
CONSERVAZIONE: Se è necessario si possono essiccare le foglie, ma in questo modo si perde buona parte delle virtù della pianta; per sfruttare tutte le proprietà di questa piantina conviene sempre servirsi di foglie fresche.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Le foglie si mangiano sia crude, in insalata, che cotte, ma per la loro grande ricchezza in acido ossalico, oltre che in vitamine, è bene non abusarne. Coloro che soffrono di disturbi ai reni, allo stomaco o ai polmoni dovrebbero evitarne del tutto il consumo.
SALUTE:: Il decotto di radici e di foglie di acetosella si ottiene ponendo in un litro d’acqua mezzo etto di radici miste a foglie, lasciando bollire per circa cinque minuti e bevendo il tutto, una volta raffreddato, nel corso della giornata. Questo decotto ha proprietà depurative e decongestionanti per il fegato, inoltre astringenti e diuretiche.
CURIOSITA’:
Il consumo di acetosella, benefico in piccole quantità, va comunque limitato, perché l’acido ossalico in essa contenuto a dosi elevate risulta tossico.
NOME SCIENTIFICO:
Achillea millefolium, achillea, millefoglio
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
Questa erbacea perenne rustica, assai diffusa e conosciuta, è detta millefoglio perché presenta foglie sfrangiate, simili a un pizzo, che si staccano direttamente da un fusto rigido e non ramificato, sulla sommità del quale si schiudono, in estate, i piccoli fiori caratterizzati da un profumo acre.
FUSTO: Eretto, spigoloso, cavo, il fusto dell’Achillea millefolium può sfiorare il mezzo metro d’altezza; in altre varietà può essere strisciante e adatto per giardini rocciosi o alto più di un metro e perfetto per costituire lo sfondo in un bordo misto. Considerati a lungo sacri gli steli dell’achillea erano usati in Cina per consultare il libro dei mutamenti (il famoso I Ching): gli steli venivano lanciati in aria e a seconda di come si disponevano toccando terra si interpretava il responso.
FOGLIE: Di un bel colore grigio verde, gradevolmente aromatiche, ricche di vitamine e sali minerali, le foglie dell’achillea ricordano per il disegno quelle delle felci. Alcune foglie fresche tritate ed aggiunte al mucchio della composta ne accelerano notevolmente la maturazione.
FIORI: L’achillea comune presenta in estate piccoli fiori bianchi, di un bianco opaco, talora sfumato di rosa, riuniti in ombrelle poste sulla sommità degli steli e dotati di un profumo tipico e pungente. Altre varietà di achillea vengono coltivate per la bellezza delle infiorescenze gialle o rosse, sempre adatte al taglio e ad essere essiccate.
HABITAT:
In campagna nei soleggiati spiazzi erbosi, lungo i viottoli e al margine dei boschi, vive in tutta l’Europa, come in gran parte dell’Asia e dell’America l’achillea millefoglio, pianta tanto adattabile quanto ricca di qualità.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’achillea ama il sole, ma tollera anche una posizione a mezz’ombra, purché il terreno sia ben drenato.
RIPRODUZIONE: L’achillea ama il sole, ma tollera anche una posizione a mezz’ombra, purché il terreno sia ben drenato.
CRESCITA: Non sono molte le cure da dedicare a questa robusta erbacea: si deve solo tener presente che desidera avere attorno al cespo una trentina di centimetri di terreno, e che solo se le sommità sfiorite vengono eliminate si avrà una seconda fioritura. L’achillea vive anche in vaso, ma solo se questo è tenuto all’aperto.
RACCOLTA: Il periodo migliore per la raccolta è la piena estate, quando cominciano ad essiccare sia le foglie che i fiori: questi vanno raccolti proprio quando il sole è cocente e il loro potere aromatico e terapeutico è massimo.
CONSERVAZIONE:Una volte essiccate all’ombra le foglie e i fiori di achillea si conservano in scatole o vasi a chiusura ermetica.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Chi ne apprezza il sapore amarognolo e piccante può tritare le foglie giovani nelle insalate o sui formaggi freschi.
BELLEZZA: L’achillea combatte la tendenza della pelle ad arrossarsi e la couperose; per ottenere un tonico con queste caratteristiche è necessario lasciare in infusione per mezz’ora fiori e foglie di achillea in mezzo litro d’acqua, immergere nell’infuso una garza e applicarla quindi sulla pelle del viso per un quarto d’ora.
SALUTE: Erba medicinale per eccellenza l’achillea è particolarmente efficace nel risolvere i disturbi femminili: una tisana di achillea (un cucchiaino d’erba in una tazza d’acqua bollente) presa quotidianamente al mattino regolarizza il ciclo mestruale e attenua i fastidi della menopausa. Il millefoglio ha inoltre indiscusse proprietà depurative, stimolanti ed emostatiche: il succo fresco della pianta applicato sulle ferite agisce come disinfettante e antiemorragico, ma poiché può causare reazioni allergiche conviene dapprima applicarlo su una zona limitata e osservarne l’effetto.
CURIOSITA’:
Questa benefica erbacea attraverso alcune sostanze secrete dalle sue radici aumenta la resistenza alle malattie delle piante che le stanno attorno, per cui conviene metterla a dimora qua e là nel giardino e nell’orto. Chi ne può raccogliere una notevole quantità con cui fare un infuso concentrato da usare per innaffiare ha a disposizione un buon fertilizzante naturale. Un tempo i contadini avvolgevano i manici degli attrezzi di lavoro con gambi di achillea per averla sempre a portata di mano nel caso di punture di insetti o piccole ferite durante il lavoro.
NOME SCIENTIFICO:
Allium sativum
FAMIGLIA:
Gigliacee
DESCRIZIONE:
L’aglio comunemente coltivato nei paesi dell’Europa meridionale, dove il suo bulbo viene molto usato per insaporire i cibi, è l’Allium sativum, una perenne a radice bulbosa. In Italia crescono spontanee una trentina di specie di aglio, tra cui l’Allium ursinum, l’Allium vineale e l’Allium oleraceum; in tutto il mondo ne sono presenti più di trecento e le piante sono alte da una ventina di centimetri a oltre un metro.
BULBO: Generalmente il bulbo dell’aglio da cucina è composto da più spicchi arcuati avvolti da membrane dalla consistenza cartacea, più raramente si presenta formato da un unico spicchio.
FOGLIE: Le foglie dell’aglio, le cui dimensioni dipendono dall’età del cespo e dalla fertilità del suolo, sono cave, un po’appiattite, rivolte all’indietro, di un bel colore verde intenso e lucente, solitamente sono aromatiche.
FIORI: Quando fiorisce l’aglio emette un rigido stelo sulla sommità del quale appare l’infiorescenza. Normalmente si evita che vada a fiore l’aglio da cucina, ma altri tipi di aglio sono decisamente decorativi e vengono coltivati proprio per le interessanti infiorescenze a ombrella. I fiori appaiono in tarda primavera, o inizio estate, e possono essere bianchi, rosa, violetti, giallo, porpora o azzurri; durano a lungo anche dopo essere stati recisi. Per ottenere fiori particolarmente belli si consiglia di lasciare indisturbati i bulbi per alcuni anni.
HABITAT:
Le regioni d’origine di questa specie sono le zone temperate dell’emisfero settentrionale.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’Allium sativum ama una posizione soleggiata e un terreno ben drenato: i bulbi infatti temono i ristagni d’acqua che, oltre ad impedire il completo sviluppo dei bulbi, favoriscono i marciumi.
L’Allium ursinum invece predilige la mezz’ombra, i terreni boschivi torbosi e umidi.
RIPRODUZIONE: I bulbilli, detti comunemente e impropriamente spicchi, si interrano in autunno o all’inizio della primavera avendo l’accortezza di non capovolgerli, ma di mantenere loro lo stesso orientamento che avevano nel bulbo. Si mettono a dimora in file parallele distanti una trentina di centimetri, mentre si lascia tra un bulbillo e il successivo circa una ventina di centimetri. Vanno infine ricoperti con circa cinque centimetri di terra ben sciolta.
CRESCITA: Per favorire la crescita delle piantine si deve arricchire il terreno con solfato potassico o con cenere di legna, che è ricca di questo elemento gradito a tutti i bulbi. In primavera è importante tener sarchiato il terreno, per mantenerlo smosso ed evitare la crescita delle malerbe. L’aglio non ha particolari esigenze riguardo alle temperature.
RACCOLTA: L’Allium sativum si raccoglie quando le sue foglie sono seccate, solitamente verso la metà del mese di luglio.
CONSERVAZIONE: Dopo la raccolta l’aglio va lasciato seccare per una decina di giorni in luogo asciutto e areato. Si conserva quindi per diversi mesi perdendo solo in minima parte le sue caratteristiche.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: L’aglio è presente come elemento base in infinite ricette della cucina mediterranea. Chi desidera attenuarne l’odore, che è tanto persistente quanto poco gradito, può masticare qualche foglia di prezzemolo crudo o un chicco di caffè.
SALUTE: Le proprietà terapeutiche dell’aglio sono note fin dall’antichità: l’Allium sativum, ricco di vitamine, di ferro, di zolfo e di iodio disintossica l’organismo ed esercita un’azione antibiotica. Utile come vermifugo e come disinfettante intestinale depura il sangue, combatte l’ipertensione, previene i raffreddori e migliora la memoria.
Le foglie dell’Allium ursinum consumate fresche in primavera al posto del prezzemolo costituiscono un ottimo depurativo e migliorano decisamente l’aspetto della pelle.
CURIOSITA’:
Un bulbo d’aglio sotterrato presso ogni cespo di rose non danneggia il soave profumo dei fiori (anzi pare lo intensifichi), ed esercita il benefico effetto di tenere lontani gli afidi, in quanto le radici delle rose assorbono una sostanza, contenuta nell’aglio, che si rivela un insetticida efficacissimo. In caso di siccità è necessario ricordarsi di annaffiare il terreno per facilitare l’assorbimento delle sostanze attive e ottenere lo stupefacente e gradito risultato.
NOME SCIENTIFICO:
Laurus nobilis
FAMIGLIA:
Lauraceae
DESCRIZIONE:
Pianta sempreverde, perenne.
FUSTO:Le dimensioni variano da quelle di un piccolo arbusto fino ad un albero alto anche più di 10 metri; è sempreverde, con corteccia più o meno liscia.
FOGLIE:Spesse e coriacee, di forma ovale, lunghe anche 10 centimetri; di colore verde scuro brillante sulla superficie superiore e verde più chiaro e opache su quella inferiore; i bordi appaiono ondulati. Hanno un forte odore spezziato.
FIORI: Piccoli e di colore giallo verdastro. L’Alloro fiorisce nei mesi di Marzo – Aprile.
FRUTTI:Costituiti da piccole bacche nere, brillanti, delle dimensioni di una ciliegia: contengono un solo seme e maturano nel periodo di Ottobre – Novembre.
HABITAT:
La pianta è spontanea nelle regioni mediterranee; è sempreverde: le sue radici resistono all’inverno, ma le foglie muoiono al freddo. Viene coltivata ovunque come pianta ornamentale e come siepe per la sua resistenza alla tosatura.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Pieno sole, riparata dal vento, in terreno ricco, umido e ben drenato.
RIPRODUZIONE:A mezzo di talea di 10 centimetri, prelevata a tarda estate e collocata in cassonetto ben riscaldato e molto umido.
CRESCITA:Trapiantare quando la pianta si è irrobustita a 120 centimetri di intervallo al riparo dal freddo. Può crescere anche in vaso, ma sotto i -15°C, portare al chiuso.
RACCOLTA: Le foglie possono essere raccolte durante tutto l’anno, anche se le migliori sono quelle prelevate durante i mesi di Luglio – Agosto; i frutti si raccolgono a piena maturazione in Ottobre-Novembre.
CONSERVAZIONE:Lasciar essiccare le foglie all’ombra in luogo aerato, proteggendole dalla polvere e umidità; i frutti si essiccano in luogo riparato o in stufa a temperatura non molto elevata. Foglie e frutti si conservano in vasi di vetro a chiusura ermetica.
PROPRIETA’:
Aromatiche, aperitive, digestive, stimolanti, leggermente antisettiche. E’ da notare che tutti i Lauri, eccetto quello da cucina, sono velenosi.
IN CUCINA: Largamente usato nella buona cucina: il suo aroma, che peraltro stimola l’appetito e favorisce gli enzimi della digestione, è indispensabile nel mazzo di odori per stufati, minestre e salse, nonché in aggiunta a marinate, baccalà, minestre di patate, patè, ripieni, selvaggina e pesce lesso: togliere le foglie prima di servire.
BELLEZZA: Il decotto fresco di Alloro aggiunto al bagno dona sollievo agli arti indolenziti.
SALUTE: Raccomandato come aperitivo e digestivo; secondaria ma non trascurabile anche la sua azione di lenitivo contro tosse e bronchiti. E’ usato largamente anche per uso esterno in pomate: l’olio delle bacche viene utilizzato contro i dolori reumatici e le contusioni.
CURIOSITA’:
L’Alloro è conosciuto sin dai tempi più antichi; in Grecia come a Roma fu simbolo di pace e di vittoria sia in campo militare che in campo sportivo, per questo motivo è anche detto “Lauro Nobile”. Nell’antica Grecia era consacrato ad Apollo, dio della musica e della poesia, nonché signore dell’oracolo di Delfi : proprio qui, secondo alcune testimonianze antiche, il primo dei sei templi successivamente eretti era interamente costruito in frasche di Alloro. Si racconta anche che la Pizia che riferiva l’oracolo cadesse in trance dopo aver aspirato il fumo delle foglie bruciate : la pianta infatti a larghe dosi può avere effetti leggermente ipnotici. L’Alloro era anche pianta sacra ad Asclepio, dio della medicina e figlio di Apollo: per secoli la pianta fu usata contro molte malattie, in particolare contro la peste. Ancora oggi viene appeso nelle case per rinfrescare l’ambiente e sistemato nei contenitori di farina e tra i fichi secchi, contro gli insetti nocivi.
NOME SCIENTIFICO:
Althaea officinalis
FAMIGLIA:
Malvacee
DESCRIZIONE:
L’altea è una pianta erbacea di notevole valore ornamentale, ricca di virtù benefiche e facile da coltivare: ben a ragione dunque era un tempo sempre presente nei giardini e negli orti. Diverse specie di questa malvacea, i cui cespi formano imponenti masse fiorite, fanno parte della flora spontanea della penisola italiana. L’altea a seconda della specie può essere annuale, biennale o perenne.
FUSTO: I suoi fusti, che raggiungono e superano il metro e mezzo d’altezza, sono robusti, tondi e di colore verde chiaro; generalmente non necessitano di sostegni.
FOGLIE: Le foglie dell’altea hanno forma palmata e margini dentati, sono ruvide, ricoperte come il resto della pianta da una lanugine biancastra e disposte alterne lungo i fusti. Il loro colore varia, a seconda delle specie, da un verde deciso e un po’ glauco a toni di verde pi- chiari.
FIORI: I fiori dell’altea si sviluppano all’ascella delle foglie; le loro dimensioni variano da qualche centimetro ad anche una decina di centimetri. Presentano cinque petali che possono essere di molti colori: più frequentemente bianchi o rosa, ma anche rossi, porpora, lilla, violetto, gialli. Sbocciano generalmente in estate, nei mesi di luglio e agosto, ma possono apparire anche in autunno o nella tarda primavera dell’anno successivo alla semina.
HABITAT:
Le regioni ove l’altea prospera sono quelle caratterizzate da clima temperato; i terreni prediletti da questa pianta sono incolti e umidi.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’altea ama una posizione soleggiata, pi- precisamente ama avere “la testa al sole e i piedi all’ombra”, cioè necessità di umidità costante del terriccio. Queste piante desiderano essere messe a dimora in una posizione aperta e non sopportano di venire soffocate da una vegetazione fitta.
RIPRODUZIONE: La riproduzione dell’altea può avvenire per divisione dei cespi, da effettuarsi preferibilmente in primavera, ma che è possibile attuare anche in autunno; per semina, e in questo caso i semi vanno interrati in semenzaio, a fine primavera; oppure per talea, ponendo in un substrato di sabbia e torba, i rami posti alla base dei cespi dopo averli staccati con il piede, cioè con un pezzo di corteccia. Naturalmente il terreno delle talee va mantenuto ad un giusto grado di umidità e ombreggiato nelle ore più calde. Le talee vanno preferibilmente staccate in primavera e vanno conservate al riparo dai venti.
CRESCITA: Di norma l’altea è una pianta rustica e robusta che cresce vigorosa senza creare difficoltà; tra una pianta e la successiva va lasciato almeno mezzo metro di terreno. Come unica cura l’altea richiede innaffiature copiose, quantificabili in circa due litri d’acqua al giorno per ogni cespo. Durante il periodo di vegetazione è bene concimare i cespi con un fertilizzante organico. La coltivazione in vaso dell’altea è possibile, però è sconsigliabile a causa delle grandi dimensione che questa erbacea raggiunge. Nel caso in cui si intenda comunque effettuare la coltivazione in vaso occorre munirsi di contenitori di dimensioni ragguardevoli, profondi e larghi all’incirca mezzo metro. Le piante di altea desiderano l’aria aperta e non tollerano di venir coltivate tra le mura di casa.
RACCOLTA: Le foglie di altea, da aggiungere alle insalate, si possono raccogliere in ogni momento del periodo vegetativo a seconda delle necessità Le radici delle piante che hanno almeno due anni d’età, vanno estratte dal terreno in autunno.
CONSERVAZIONE:Le foglie vanno essiccate, le radici dell’altea prima si raschiano quindi si essiccano a loro volta.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie giovani dell’altea si mangiano crude unite alle insalate, cotte come fossero spinaci dopo averle lessate. La radice dell’altea si lessa e poi si soffrigge leggermente in poco burro. In passato le radici di altea erano usate come ingrediente per le confetture e gli sciroppi. Ridotta in polvere e quindi sciolta in acqua zuccherata la radice dell’altea infatti, origina un impasto dal sapore dolce.
SALUTE: In medicina si usa ogni parte di questa erbacea: la radice, le foglie e i fiori. L’altea possiede infatti proprietà calmanti, emollienti, espettoranti, diuretiche e lassative. Essa è impiegata in particolare come tisana nella cura delle affezioni alle vie respiratorie, per curare il catarro e per alleviare i dolori di stomaco e intestino.
CURIOSITA’:
Probabilmente grazie alle sue riconosciute proprietà curative all’altea, nel linguaggio dei fiori, è stato attribuito il significato di “beneficenza”.
NOME SCIENTIFICO:
Anethum graveolens
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
L’aneto é un’erba aromatica annuale il cui fresco aroma ricorda ad alcuni quello del finocchio, ad altri quelli dell’anice, del cumino o della menta, in realtà il sapore dell’aneto, piccante e deciso, é molto tipico e particolare. In cucina l’aneto viene usato per insaporire diverse pietanze, inoltre per le sue proprietà digestive e sedative fu impiegato, fin dai tempi antichi, anche in campo medico.
FOGLIE:Pennatosette, cioè formate da più foglioline filiformi disposte regolarmente, le foglie dell’aneto, dal colore verde azzurro, sono anch’esse aromatiche.
FIORI: Appaiono verso la metà dell’estate i piccoli fiori gialli che sono raccolti in piatte infiorescenze ad ombrella e hanno un aroma più forte di quello delle foglie, ma più lieve e fresco di quello dei semi.
HABITAT:
La patria dell’aneto é l’oriente, in particolare la Persia e l’India; il terreno ideale per la sua coltivazione é ricco di sostanza organica, lavorato in profondità e dotato di buon drenaggio. Quest’erba tollera anche temperature di qualche grado sotto lo zero, ma in ogni caso, nelle zone a clima rigido, é preferibile riparare le piante in serra o comunque proteggerle.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’esposizione più gradita all’aneto é in pieno sole, al riparo dai venti.
RIPRODUZIONE:La semina é il metodo riproduttivo più usato, il periodo di semina é tra la primavera e l’estate. Come norma generale conviene non mettere a dimora l’aneto accanto al finocchio Perché‚, mischiandosi le impollinazioni, si confondono anche gli aromi.
CRESCITA: Le uniche cure richieste dall’aneto sono la sarchiatura del terreno per tenerlo libero dalle erbe infestanti e il diradamento delle piantine quando raggiungono un’altezza di 10 centimetri. La distanza tra le piante deve essere di almeno 5 centimetri, e deve essere maggiore nel caso in cui le piante debbano essere lasciate andare a seme; tra le file si va da circa una quarantina di centimetri a mezzo metro, a seconda che si vogliano raccogliere le piante o i semi.
RACCOLTA: L’aneto può venir coltivato per consumare l’intera pianta, come fosse un ortaggio, o per la raccolta dei semi. Chi intende raccogliere le piantine deve tagliarle alla base quando superano una ventina di centimetri d’altezza. Chi invece é interessato alla raccolta dei semi é bene sospenda le piantine capovolte sopra un telo, in posizione soleggiata, quando i capolini cominciano ad assumere un colore bruno, per completarne la maturazione. Un metro quadro coltivato ad aneto può offrire da un chilo e mezzo a due chili di piante fresche o cinquanta grammi di semi..
CONSERVAZIONE:I semi maturi vengono essiccati; le foglie o si essiccano o si congelano.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie fresche vengono tritate e insaporiscono minestre, patate lessate, piatti di pesce, uova, formaggi freschi; quelle essiccate hanno un aroma più tenue e si usano sempre a fine cottura. Famoso é l’aceto di aneto che si ottiene ponendo a macerare i capolini o i semi.
BELLEZZA:Dai semi pestati e posti in infusione si ha un liquido utile per fare bagni rinforzanti alle unghie.
SALUTE:I semi d’aneto vengono masticati per rinfrescare l’alito. L’infuso di quest’erba favorisce la digestione, placa il singhiozzo e i crampi dello stomaco, allevia le flatulenze e l’insonnia.
CURIOSITA’:
L’aneto era conosciuto già da Egizi, che ne apprezzavano le virtù come calmante; é citato nella Bibbia come pianta pregiata al punto da venir usata, quale moneta, per il pagamento delle tasse.
NOME SCIENTIFICO:
Angelica archangelica
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
L’Angelica archangelica é una erbacea biennale che può vivere tre o quattro anni se si rimuovono le cime fiorite, é diffusa nei paesi dell’Europa centrale e settentrionale, non é invece presente allo stato spontaneo nella penisola italiana e compare nel nord del paese solo se sfugge alle coltivazioni. L’angelica, come rivela il suo nome, é un’erba ricca di virtù toniche e medicinali che forma un cespo di dimensioni notevoli e assai decorativo; é una pianta che vive solo all’aperto.
FUSTO:Gli steli dell’A. archangelica eretti, robusti e cavi, tendono ad avere una coloritura rossastra, sono commestibili e possono sfiorare i due metri di sviluppo.
FOGLIE:Le grandi foglie dell’A. archangelica, lunghe fino a mezzo metro, picciolate e dotate di un’ampia guaina chiara che avvolge lo stelo, sono pennate, di un bel verde lucido, hanno il margine seghettato e sono commestibili: si mangiano crude in insalata o lessate.
FIORI: I fiori verde-giallastri di questa erbacea, minuti e sempre riuniti in grandi ombrelle compatte, sbocciano nella tarda estate. Di norma alla piena fioritura di una pianta succede la sua fine vegetativa, quindi per protrarne lo sviluppo é necessario recidere le infiorescenze prima che si formino i semi.
HABITAT:
L’angelica trova il suo ambiente ideale lungo le rive dei corsi d’acqua, nei boschi umidi, in terreni ricchi di sostanze nutritive. Richiede terreno leggero, ben concimato e può venire coltivata anche in vaso, all’aperto, se si dispone di un contenitore di dimensione adeguata al suo imponente sviluppo.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’esposizione gradita all’angelica é la mezz’ombra; nel caso in cui un cespo venga posto in pieno sole conviene ripararlo con una stuoia nelle ore centrali della giornata.
RIPRODUZIONE:La moltiplicazione dell’angelica avviene spesso spontaneamente. In caso contrario si può effettuare la semina all’inizio dell’autunno ( tenendo presente che i semi devono essere freschi, in quanto perdono in pochi mesi la loro capacità germinativa) o si può procedere alla divisione dei cespi.
CRESCITA: Poiché‚ l’A. archangelica si sviluppa notevolmente, ogni pianta deve disporre di poco meno di un metro quadrato di terreno, dunque le piantine vanno sfoltite all’inizio della crescita. Il substrato preferito da questa pianta é quello lavorato in profondità e mantenuto costantemente umido.
RACCOLTA: Le foglie si raccolgono preferibilmente prima della fioritura, i gambi entro la metà estate, i semi a fine estate, la radice nell’autunno del primo anno di coltivazione.
CONSERVAZIONE:I gambi giovani e verdi, dello spessore di una matita, si candiscono; le foglie si essiccano, come pure le radici e queste ultime, pur essiccate, mantengono l’aroma e le proprietà più di ogni altra parte della pianta.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le giovani foglie si consumano sia crude che cotte; i gambi teneri, una volta canditi, servono a decorare le torte. Ottimo é anche il liquore casalingo ottenuto mettendo a macerare in mezzo litro d’alcool purissimo mezzo etto di radice fresca, ben tritata, e tre mandorle amare. Durante le tre settimane successive il contenuto della bottiglia va agitato più volte al giorno, quindi si sciolgono in mezzo litro d’acqua 250 grammi di zucchero, si fa bollire questo sciroppo per cinque minuti e, a raffreddamento avvenuto, lo si unisce all’infuso di angelica.
BELLEZZA:Le foglie dell’angelica possono essere usate per profumare delicatamente l’acqua del bagno, svolgono tra l’altro un’azione rilassante.
NOME SCIENTIFICO:
Artemisia species, atemisia assenzio
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
Al genere artemisia appartengono diverse piante erbacee o arbustacee perenni rustiche, dotate di radici rizomatose e ramificate da cui si sviluppa una rosetta di foglie grigio verdi. Da questa si innalzano i fusti, spesso alti più di un metro, quelli fioriferi portano capolini gialli riuniti in pannocchie. L’artemisia contiene i principi attivi nelle foglie e nelle cime fiorite ed è molto usata per aromatizzare i liquori, tra cui il vermut, vino liquoroso dal gradevole gusto amaro e tonico il cui caratteristico sapore è dovuto proprio all’Artemisia absinthium, comunemente detta assenzio.
FUSTO: I fusti fioriferi dell’Artemisia absinthium e dell’artemisia vulgaris, eretti e vellutati, raggiungono il metro e mezzo d’altezza e talora lo superano; alcuni portano in cima i fiori, altri no, tutti sono ricoperti di fitti peluzzi biancastri. L’Artemisia genepì pianta alpestre, ha un breve fusto già lignificato e ramificato alla base, per cui forma un cespo basso e compatto.
FOGLIE:Le foglie delle artemisie, sempre eleganti, sono dentellate e simili per forma a quelle del prezzemolo o del crisantemo, o filiformi e profondamente divise. Di colore grigio verde o grigio chiaro, esse sono coperte di fini peli setosi per cui hanno un aspetto argenteo e vellutato; quelle che nascono sulla parte più alta dei fusti hanno forma più semplice e sono prive di picciolo.
FIORI: Riuniti in infiorescenze globose o a pannocchia, i piccoli fiori poco appariscenti, di diversi toni di giallo, sbocciano in estate.
HABITAT:
Sono molte le specie di artemisia presenti allo stato spontaneo in Italia, alcune amano vivere lungo le coste marine, altre nei pressi dei casolari abbandonati o lungo le scarpate ferroviarie, altre ancora nelle regioni alpine, ove sono presenti fino a oltre 3000 metri d’altitudine. In generale le artemisie amano i terreni calcarei, leggeri, non argillosi.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Tutte le artemisie amano una posizione soleggiata e riparata. L’Artemisia camphorata, per il portamento nano, la resistenza alla siccità e l’intenso quanto gradevole profumo è perfetta per il giardino roccioso.
RIPRODUZIONE: Chi desidera procedere alla semina deve effettuarla in autunno; chi preferisce affidarsi alle talee deve staccare un pezzo di fusto legnoso dalla pianta madre in estate. Un altro metodo di riproduzione consiste nel preparare margotte semilegnose in agosto.
CRESCITA: La coltivazione delle artemisie non richiede cure particolari: è sufficiente cercare di rievocare le condizioni naturali. La coltivazione in vaso non è consigliabile in quanto l’artemisia risulta poco adattabile a tale situazione.
RACCOLTA: Il momento in cui vanno raccolte le parti della pianta contenenti i principi attivi, cioè foglie e cime fiorite, è la tarda estate.
CONSERVAZIONE:Le foglie e le sommità fiorite si essiccano in luogo ombroso e ventilato.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: L’Artemisia abrotanum, comunemente chiamata abrotano, arbusto perenne alto circa un metro, dai fusti rossastri, benché poco usata in gastronomia, ha un aroma che accompagna gradevolmente le carni, in particolare quelle di maiale. Più diffuso è l’uso domestico di quest’erba: le cui foglie essiccate, per il loro aroma intenso, sono un ingrediente dei pot-pourri e un insettifugo efficace.
SALUTE: T ra le erbe di questa famiglia è l’Artemisia absinthium, l’assenzio, che ha maggiori poteri curativi, agisce come stimolante, digestivo, vermifugo, ristabilisce inoltre il flusso mestruale, ma è anche fortemente tossico, per cui se ne consiglia l’impiego solo secondo prescrizione e sotto controllo medico.
CURIOSITA’:
Irrorando generosamente le piante da frutto e le erbe dell’orto con un’infusione, lasciata a macerare per qualche giorno, di acqua e assenzio si osserverà una notevole riduzione dei parassiti dei bruchi e degli afidi e si potrà così evitare di ricorrere ai pesticidi.
NOME SCIENTIFICO:
Pimpinella anisum
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
L’anice é un’erba annuale, dotata di una radice semplice, che da secoli viene coltivata per le sue proprietà aromatiche e medicinali.
FOGLIE: Le foglie su una pianta d’anice non sono molto numerose e appaiono differenti per forma a seconda della posizione che occupano lungo i fusti: quelle situate presso la base del cespo, di forma ovata rotondeggiante, dentate, lobate sono dotate di un picciolo lungo, che forma una piccola guaina verso la base; quelle superiori finemente incise e piumose hanno il picciolo più breve.
FIORI:I fiori dell’anice sono piccoli, biancastri, e disposti in infiorescenze a forma di ombrella. Il periodo della loro fioritura é la piena estate.
HABITAT:
L’anice é pianta originaria dell’oriente che predilige i terreni leggeri e fertili, ben lavorati e ben drenati, mentre teme quelli argillosi o umidi. La coltivazione può avvenire anche in vaso.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Un’esposizione ben soleggiata e riparata é la preferita dall’anice che non ama i luoghi ombrosi e battuti dai venti.
RIPRODUZIONE: L’anice si riproduce per semina, in primavera avanzata, verso aprile o maggio; poiché‚ i semi sono piccoli la copertura con terra deve essere leggera e il terreno di semina deve essere stato finemente lavorato. I semi di anice perdono velocemente la germinabilità, per cui é necessario che siano recenti.
CRESCITA: Dopo la lunga attesa, circa un mese, necessaria prima di veder apparire il germoglio, la nuova piantina d’anice cresce rapidamente. Se la semina é stata eseguita troppo fitta si dovrà procedere al diradamento sfoltendo le piantine quando raggiungono circa i dieci centimetri d’altezza; conviene cercare di evitare i trapianti Perché‚ non vengono ben tollerati. In seguito basterà sarchiare il terreno, per evitare la crescita delle malerbe, e irrigarlo se é necessario.
RACCOLTA: Le graziose foglie basali dell’anice si possono raccogliere in ogni periodo a seconda delle necessità. I frutti maturano tra agosto e settembre, a seconda del luogo di coltivazione e dell’andamento stagionale, e vanno raccolti recidendo alla base i gambi delle piante quando la maturazione dei semi non é ancora completa, cioè le ombrelle stanno assumendo un colore grigio verdastro e hanno i semi ancora duri. Le ombrelle e vanno poi esposte al sole per la completa maturazione e Perché‚ i semi fuoriescano. L’operazione di recidere gli steli andrebbe effettuata nelle prime ore del mattino.
CONSERVAZIONE:Come si é detto i semi si conservano, in scatole dotate di buona chiusura, dopo averli essiccati al sole.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: L’anice é usato per aromatizzare molti liquori; i suoi semi, interi o tritati, aggiungono sapore al pane, alle focacce ai dolci.
SALUTE: Sia l’anice vero, che l’anice stellato il quale é tutt’altra pianta e appartiene alla famiglia delle magnoliacee, hanno uguali proprietà: sono tonici, sudoriferi ed espettoranti. Per calmare la tosse si potrà unire dell’anice al decotto di fiori o radici di primula (Primula veris). Inoltre una tazza d’infuso d’anice a fine pasto favorisce la digestione e combatte le flatulenze. Il masticare, a fine pasto, dei semi di anice leggermente tostati funge da digestivo e profuma l’alito.
NOME SCIENTIFICO:
Ocinum Basilicum
FAMIGLIA:
Laminacee
DESCRIZIONE:
Pianta annuale,erbacea e talvolta arbustiva
FUSTO: Eretto, ramificato in alto, cresce a cespugli frondosi alti 40 – 50 cm.
FOGLIE:Di colore verde brillante e piuttosto carnose, sono ovali con i margini dentellati; la superficie è glabra e lucida, talvolta bollosa.
FIORI:Piccoli, profumati con i boccioli biancastri, in mazzi circolari di sei, posti al di sopra di una coppia di piccole foglie; la corolla è di colore biancastro o rosa; fioriscono a tarda estate.
FRUTTI:I semi sono lunghi 1 mm, di colore marrone scuro contenuti a gruppi di quattro nelle corolle dei fiori.
HABITAT:
Originaria di paesi tropicali come Asia ed Africa, la pianta fu importata dai Romani. Per la sua origine tropicale è sempre coltivata e non si naturalizza mai. E’ perenne nelle regioni sub-tropicali.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Soleggiata/ l’esposizione in piena luce, aumentando la traspirazione, aumenta la “forza” del suo profumo. Proteggere dal vento, gelo e sole meridiano bruciante.
RIPRODUZIONE: Seminare preferibilmente da Febbraio – Marzo (quando la temperatura non scende più sotto i 10 – 12 °C) in luoghi riparati; passato il rischio del gelo, o comunque quando le piante hanno emesso 4 – 5 foglie, trapiantare in vasi o terreno a 30 cm di distanza l’una dall’altra.
CRESCITA: La pianta ha esigenza continua di elementi fertilizzanti e umidità nel terreno, che però non va innaffiato troppo in quanto le piantine sono soggette a marciume: bagnare a mezzogiorno, non di sera: spruzzare le foglie con acqua calda. Si coltiva bene in casa.
RACCOLTA: Le foglie si raccolgono da Maggio a Settembre, mano a mano che raggiungono la loro massima dimensione, recidendole alla loro inserzione sul fusto. Le sommità fiorite si raccolgono in Luglio – Settembre, tagliando il fusto con le forbici, due o tre foglie al di sotto dell’inflorescenza; per prolungare la fase vegetativa della pianta sopprimere le inflorescenze mano a mano che si formano.
CONSERVAZIONE:Congelare o essiccare le foglie in luogo ben aerato e in ombra (da evitare accuratamente il sole). Prima di congelare, pennellare i due lati con olio d’oliva. Conservare le foglie intere in olio d’oliva con sale in vasi di vetro o porcellana al riparo da luce ed umidità. Conservare sott’olio o aceto.
PROPRIETA’:
Digestive, antispasmodiche, aromatiche, antinfiammatorie.
IN CUCINA: Indispensabile nei piatti mediterranei. Si addice molto bene a pomodori, zucche, zucchini, Fagioli, funghi, insalate di riso; il suo aroma è abbastanza forte da competere con l’aglio, e insieme formano la classica salsa genovese “al pesto”. La foglia fresca ha un profumo dolce ottima per esaltare il sapore dei pomodori freschi e dell’olio d’oliva. La cottura ne esalta il gusto forte; largamente usato anche nella preparazione di conserve e liquori.
BELLEZZA:L’infuso fresco di foglie e fiori di Basilico è ottimo per un bagno ristoratore.
SALUTE: Usato nella pratica erboristica per stimolare i processi digestivi e per attenuare i crampi allo stomaco sottoforma di decotto. Se lasciato a macerare nel vino per qualche ora, risulta un ottimo tonico; l’olio essenziale di basilico alleggerisce la fatica mentale.
CURIOSITA’:
Il Basilico è una pianta aromatica originaria delle zone calde dell’Asia e dell’Africa. Il nome deriva dal greco “Basilikòs”, che significa “regale”, ad indicare che questa era già considerata nell’antichità come la “regina delle erbe”. Racconti leggendari descrivono la tomba di Cristo Risorto arricchita da numerose piantine di Basilico, che ancora oggi vengono disposte ad ornare gli altari delle chiese ortodosse..Largamente utilizzata in cucina per aromatizzare pietanze o conserve, il Basilico si racconta abbia anche altri poteri: considerata un potente talismano, i contadini messicani portavano sempre qualche foglia con sé per “attirare” il denaro o ancora per attirare la persona amata: la pianta era sacra alla dea dell’amore. Altra proprietà particolare del Basilico è quella di tenere lontane le mosche: per questo motivo si usa collocare i vasi di questa pianta sui davanzali delle finestre.
NOME SCIENTIFICO:
Borago officinalis, Borragine o Borrana
FAMIGLIA:
Borraginacee
DESCRIZIONE:
La borragine, che ha dato il nome alla famiglia comprendente il nontiscordardime, è un’erbacea annuale rustica non particolarmente decorativa se non è in fiore. Le sue foglie infatti sono rugose e ispide, il suo stelo è ricoperto di peli pungenti, ma essa merita ugualmente di venire coltivata per le sue molte virtù e per la bellezza della fioritura. Il cespo può facilmente superare il mezzo metro d’altezza e venir coltivato anche in vaso, purché all’aperto.
FUSTO: I gambi della borragine sono decisamente robusti, cavi all’interno, e ricoperti da una fitta peluria bianca, rigida e pungente.
FOGLIE:Le spesse foglie pelose, dalla forma ovale appuntita e dall’intenso colore grigio-verde, sono le parti della pianta a cui vengono attribuite maggiori proprietà: vengono usate per decotti e preparazioni medicamentose; se schiacciate emettono un succo che ha l’aroma del cetriolo. Commestibili crude finché sono giovani tenere, in seguito possono venir cotte, ma perdono parte del loro dolce sapore.
FIORI: I fiori, a forma di stella, sono belli quanto inconfondibili; appaiono in grappoli sulle sommità dei gambi tra maggio e settembre, solitamente sono di un bel colore azzurro, intenso e lucente, molto più raramente rosa o bianchi. Per raccoglierli senza schiacciarli è consigliabile afferrarli per gli stami neri prominenti e staccarli dal calice verde. Essi vengono usati per guarnire pietanze e bevande; se messi a macerare nell’aceto (allo scopo di renderlo aromatico) gli cedono il loro colore azzurrino. Un tempo per questa caratteristica erano molto ricercati dai tintori.
SEMI: Piuttosto grossi, romboidali e nerastri, i semi della borragine mantengono inalterate per anni le capacità germinative.
HABITAT:
Originaria probabilmente della Spagna e del Marocco quest’erba è ora ben ambientata nel bacino mediterraneo e diffusa in tutta l’Italia ove cresce spontanea fino a 1.800 metri d’altezza. Ama un terreno ricco, sciolto e privo di ristagni d’acqua.
COLTIVAZIONE:
Da sempre la borragine è stata coltivata negli orti, la sua crescita non presenta problemi particolari.
ESPOSIZIONE: La posizione ideale per quest’erba è aperta e assolutamente soleggiata.
RIPRODUZIONE: La borragine si dissemina spesso in modo spontaneo nei terreni smossi e leggeri, oppure può essere seminata in autunno se si desidera avere una fioritura primaverile, o in primavera, sempre in un substrato sabbioso, per una fioritura estiva. Seminando scalarmente si potranno consumare sempre foglie giovani.
CRESCITA: Ogni cespo per prosperare desidera disporre di una trentina di centimetri tutt’attorno, quindi dopo la germinazione si dovranno diradare le piantine lasciando solo le più robuste.
RACCOLTA: Il momento migliore per la raccolta di foglie e fiori è il mese di giugno, quando le proprietà balsamiche sono all’apice, ma le foglie possono essere raccolte in ogni periodo, a seconda della necessità, già due mesi dopo la semina.
CONSERVAZIONE:Le foglie possono venire essiccate all’ombra, in zona ventilata e non polverosa, ma il risultato non è sempre soddisfacente; i fiori possono venire canditi, o più semplicemente congelati in cubetti di ghiaccio, d’aspetto decorativo, da servire con gli aperitivi.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: I fiori canditi si usano per la decorazione delle torte, freschi si uniscono alle insalate; le foglie giovani si tritano finemente e si mescolano crude nelle insalate o nei formaggi freschi, mentre cotte si consumano come spinaci. Durante la cottura non si deve aggiungere acqua, ma solo un poco d’olio e aglio, dato che il succo della pianta sarà sufficiente a mantenere l’umidità necessaria.
BELLEZZA: Quest’erba, per le sue doti emollienti, è ottima per la cura delle pelli secche e sensibili: le foglie possono venir aggiunte all’acqua del bagno o lessate brevemente, sminuzzate e poste in impacco sulla pelle del viso.
SALUTE: La medicina popolare attribuisce alla borragine davvero molte virtù: essa è ritenuta un eccellente tonico per il sistema nervoso e il suo infuso è considerato efficace per ridare serenità. Il vino a cui siano state aggiunte foglie e fiori di borragine è definito “capace di spazzare via ogni tristezza”. Foglie e fiori contengono sostanze quali nitrato di potassio, calcio, mucillagini e vitamina C e hanno indiscutibili effetti depurativi, diuretici ed emollienti.
CURIOSITA’:
Fin dall’antichità quest’erba è stata descritta come capace di allontanare la malinconia, di confortare e allietare. Il suo nome deriva dal termine celtico borrach che significa appunto “coraggio”. La borragine risulta molto gradita alle api, ha inoltre grande simpatia per le fragole, delle quali stimola la crescita, e per le rose ed esercita la benefica funzione di tenere i bruchi alla larga dalle piante di pomodoro. A fine coltivazione la cenere ottenuta dalla combustione degli steli secchi fornisce, dato l’alto contenuto di minerali, un ottimo concime ecologico ed economico. Fino all’ultimo questa modesta pianticella si dimostra generosa.
NOME SCIENTIFICO:
Calendula officinalis
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
Conosciuta ed apprezzata fin dai tempi più remoti la calendula, che é detta comunemente “fiorrancio”, é un’erbacea annuale, o una perenne suffruticosa, assai diffusa sia in natura che coltivata.
FUSTO:I fusti della calendula sono verdi, robusti, succulenti, ramificati e ricoperti da una fine peluria. Essi raggiungono anche il mezzo metro di altezza.
FOGLIE:Le foglie sono oblunghe, con il margine dentato, prive di picciolo, di un color verde pallido, pelose verso la base del fusto.
FIORI:Appaiono da aprile a novembre, e anche oltre, i fiori giallo arancio, profumati, che si chiudono al calare della luce. Essi contengono molti benefici principi attivi e vanno raccolti preferibilmente nelle prime ore del mattino.. .
HABITAT:
La zona di coltivazione della vite é la stessa ove si trova con facilità anche la calendula selvatica.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La calendula é una pianta che gradisce un terreno ricco e ben lavorato e una posizione soleggiata. Teme più di ogni altra cosa l’eccesso di umidità che può far sviluppare delle malattie risolvibili con trattamenti a base di zolfo.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione avviene per semina, spesso spontanea se il substrato é tenuto smosso in superficie.
CRESCITA:Ogni cespo ha necessità di disporre di una trentina di centimetri di terreno o poco meno. Per avere una fioritura protratta risulta utile cimare le piante.
RACCOLTA: I capolini floreali si raccolgono in prossimità della fioritura, cioè in maggio se la semina é stata autunnale o in agosto nel caso della semina primaverile.
CONSERVAZIONE:I fiori vanno essiccati velocemente ma a bassa temperatura, Perché‚ non perdano i caratteristici colori vivaci che li fanno tanto apprezzare nei pot-pourri.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie delle calendule si possono aggiungere alle insalate; i petali freschi vengono usati per aromatizzare il pesce e per guarnire. I petali essiccati servono a preparare un aceto aromatico: una manciata di petali basta per mezzo litro d’aceto bianco o rosso, dopo 40 giorni di macerazione (in un vaso a chiusura ermetica) si filtra il tutto e si imbottiglia.
BELLEZZA: Le pomate a base di calendula sono un ottimo lenitivo per la pelle arrossata e screpolata; l’olio che si ottiene esponendo ai raggi del sole per una quindicina di giorni una manciata di petali di calendula ben chiusi in un vasetto (mischiato quindi con una uguale quantità di olio di germe di grano) esercita un’azione rigenerante sull’epidermide. Anche all’acqua del bagno possono essere aggiunti i petali di calendula: la pelle verrà dolcemente detersa e ammorbidita.
SALUTE: La calendula ha proprietà calmanti, blandamente antisettiche e depurative; il suo infuso é digestivo e favorisce il deflusso della bile dal fegato.
CURIOSITA’:
Il nome “calendula” attribuito a questa pianta e derivato dal latino “calendae” ne sottolinea la quasi perenne fioritura, sta ad indicare che essa é sempre in fiore il primo giorno di ogni mese.
NOME SCIENTIFICO:
Camomilla comune: Matricaria chamomilla
Camomilla romana: Anthemis nobilis
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
La camomilla comune è pianta annuale, mentre la camomilla romana è perenne; ambedue prediligono terreni leggeri, ma concimati e ben drenati. Esiste una varietà nana di camomilla molto adatta a formare tappeti erbosi che richiedano poca manutenzione: si chiama Treneague e non fiorisce; mettendo invece a dimora specie più alte e da fiore si ottengono bei tappeti fioriti.
FOGLIE: Le foglie di color verde chiaro sono, in tutte le varietà, profondamente incise e leggermente profumate di mela, aroma che mantengono anche essiccate.
FIORI: I fiori sono bianchi, gialli o crema e hanno sempre al centro un cono giallo ove son racchiuse le sostanze attive.
HABITAT:
La camomilla comune cresce quasi ovunque, nei terreni incolti come nei campi coltivati, ma l’uso indiscriminato dei pesticidi ne sta limitando la diffusione. Essa vegeta meglio quando la primavera è umida.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Questa erba gradisce il pieno sole, ma tollera la mezz’ombra.
RIPRODUZIONE: La camomilla si può seminare; nelle varietà perenni si può procedere alla divisione dei cespi da effettuare in primavera.
RACCOLTA: I fiori di camomilla vanno raccolti quando sono completamente aperti, verso la fine dell’estate, nelle ore centrali di giornate asciutte, cosicchè venga facilitata l’essiccazione. Le foglie possono essere colte in qualunque periodo dell’anno. CONSERVAZIONE: Normalmente i capolini si conservano essiccati.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Questa antica ricetta è semplice da preparare quanto efficace come digestivo: in un litro di vino bianco secco (di buona qualità) si pongono a macerare, per due giorni, cento grammi di fiori, poi si filtra il liquido e lo si conserva in una bottiglia ben chiusa. Un bicchierino dopo il pasto principale sarà un toccasana.
BELLEZZA: La camomilla è un vero prodotto di bellezza: l’acqua del suo decotto, aggiunta a quella del bagno, esercita un’azione rilassante, ed è inoltre un ottimo calmante da usare come impacco sulla pelle del viso quando è irritata o sugli occhi se sono stanchi o arrossati.
Chi ha i capelli chiari se, dopo averli lavati, li sciacqua regolarmente con un decotto ottenuto facendo bollire per una ventina di minuti dei fiori di camomilla, avrà capelli lucenti, più forti e con riflessi dorati.
SALUTE: La virtù calmante di questa preziosa erba è riconosciuta al punto che, nel gergo giovanile, quando si vede una persona nervosa e intollerante gli si consiglia: “camomillati!” In effetti una tazza di fumante infuso di camomilla ha un effetto leggermente sedativo, decongestionante, sudorifero e un sapore che risulta solitamente gradito. L’infuso di camomilla può essere bevuto senza problemi anche dai bambini ai quali giova molto nel caso di dolori addominali.
CURIOSITA’:
Il termine latino “matricaria”, che deriva da “mater”, (madre), fa riferimento al fatto che quest’erba era usata per guarire i disturbi ginecologici. La camomilla comunque non cura solo i nostri malesseri, ma anche quelli delle sue sorelle piante: infatti se viene messa a dimora accanto a una pianta deperita le fa acquistare nuovo vigore!
NOME SCIENTIFICO:
Cinnamomum zeylanicum, cannella di Ceylon e Cinnamomum cassia, cannella cinese
FAMIGLIA:
Lauracee
DESCRIZIONE:
Con il termine cannella si indica una spezia esotica costituita dalla corteccia, dal caratteristico colore rosso bruno, di due specie vegetali ambedue appartenenti al genere Cinnamomum. Il Cinnamomum zeylanicum è un albero sempreverde spontaneo a Ceylon e coltivato in tutta l’Asia tropicale. La cannella è la corteccia dei rami di circa tre anni che si arrotola per effetto dell’essiccazione. Essa presenta uno spessore sottilissimo, elevata fragilità, superficie liscia e colore più scuro nella parte interna. Il Cinnamomum cassia è un imponente albero originario della Cina e del sud est asiatico; la cannella che si ottiene dalla corteccia dei suoi rami giovani presenta superficie rugosa, spessore superiore al millimetro, colore esterno tendente al grigiastro e aroma meno spiccato rispetto a quella di Ceylon,
FOGLIE: Le foglie del C. zeylanicum sono coriacee, opposte, ovate, lunghe in media una dozzina di centimetri; quelle della cannella cinese sono decisamente acuminate.
FIORI: I fiori della cannella di Ceylon sono piccoli, bianchi, raccolti in pannocchie.
HABITAT:
Le piante della cannella, essendo originarie della zona tropicale, prediligono un ambiente ove la temperatura si mantenga costantemente elevata e l’umidità sia sempre presente.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’achillea ama il sole, ma tollera anche una posizione a mezz’ombra, purché il terreno sia ben drenato.
RIPRODUZIONE:Queste piante si moltiplicano per mezzo della semina, per talea o per divisione.
CRESCITA:Il substrato ideale per la cannella è la sabbia, che non andrebbe mescolata ad altro; le piante di cannella vanno tenute al riparo dal vento in quanto temono gli sbalzi di temperatura. RACCOLTA: Si utilizza la parte interna della corteccia dei giovani rami dopo averla privata del sughero e fatta essiccare.
CONSERVAZIONE:I bastoncini di cannella si conservano a lungo purché vengano tenuti in barattoli ermeticamente chiusi al riparo dall’umidità, dalla luce e dal calore.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Grazie al suo aroma forte e gradevole la cannella, dopo essere stata ridotta in polvere, viene impiegata in ambito culinario per insaporire la frutta cotta, i budini, il tè e il vin brulé.
BELLEZZA:La cannella svolge un’azione stimolante sulla digestione; a questo scopo si usa far bollire per tre minuti un pezzo di cannella del peso di circa una decina di grammi e altrettanti chiodi di garofano in circa un terzo di litro di vino forte e preferibilmente invecchiato, poi si filtra il tutto e si aggiungono al liquido filtrato due o tre cucchiai da tavola di zucchero.
SALUTE:La cannella di Ceylon, la più pregiata, è pianta medicinale, mentre la cassia, o cannella cinese, non lo è. La cannella di Ceylon agisce come stimolante del sistema nervoso, per cui accelera le pulsazioni cardiache e la respirazione; un suo consumo incontrollato può determinare uno stato convulsivo. Essa esercita anche una funzione antisettica e carminativa, cioè favorisce l’eliminazione e l’assorbimento dei gas intestinali.
CURIOSITA’:
Pare che la cannella sia una delle spezie utilizzate dai tempi più remoti: i cinesi sostengono che nel loro paese era impiegata già 2700 prima della nascita di Cristo; essa è citata nel Vecchio Testamento, precisamente nel Cantico dei Cantici.
NOME SCIENTIFICO:
Capparis spinosa, cappero
FAMIGLIA:
Capparidacee
DESCRIZIONE:
Il cappero è una perenne suffruticosa spontanea o inselvatichita su rocce e muri delle coste mediterranee; è di notevole valore decorativo per il suo portamento ricadente, per i cespi compatti e per i grandi fiori bianchi.
FUSTO: I fusti del cappero legnosi alla base ed erbacei nella parte superiore sono semplici o ramificati, raggiungono anche i tre metri di lunghezza e conferiscono alla pianta il suo tipico e affascinante aspetto.
FOGLIE: Sempreverdi, di forma ovale rotondeggiante, a margine intero, di un bel verde lucido e intenso, le foglie contribuiscono a far del cappero una valida pianta ornamentale.
FIORI: I fiori del Capparis spinosa, profumati e appariscenti, sono abbastanza grandi, misurano circa 5 centimetri di diametro, bianchi o rosati hanno al centro numerosi e lunghi stami purpurei. La fioritura è molto prolungata: da maggio a settembre si formano bottoni floreali ad ogni ascella fogliare. I boccioli, raccolti quando non sono ancora schiusi, poi conservati sotto sale o in salamoia, sono molto apprezzati in gastronomia
HABITAT:
Il cappero è spontaneo lungo le coste del Mediterraneo, e nelle zone tropicali e subtropicali; predilige un substrato povero, sabbioso, ricco di calce e dotato di un buon drenaggio.
COLTIVAZIONE:
Questa pianta è piuttosto difficile da coltivare non perché sia esigente, ma perché per farla germogliare o attecchire è necessario riprodurre esattamente le sue condizioni naturali.
ESPOSIZIONE: I capperi amano il sole e desiderano una posizione riparata: ottimi i muri rivolti a sud.
RIPRODUZIONE: La talea semilegnosa, staccata dalla pianta madre, va fatta radicare in serra; se si intende procedere alla semina conviene tenere i semi a bagno per un giorno e una notte, poi impastarli con del terriccio e inserirli in una fenditura di un muro o della roccia.
CRESCITA: Una volta riuscito l’attecchimento, la crescita del cappero non presenta alcun problema; chi desidera ottenere molti fiori è bene esegua una decisa potatura di tutti i rami, in quanto solo i getti nuovi portano i bottoni floreali.
RACCOLTA: La raccolta dei capperi è scalare: la pianta crescendo emette sempre nuovi bottoni floreali, sferici, verdastri e aromatici, dei quali i più piccoli e tondi sono ritenuti particolarmente pregiati.
CONSERVAZIONE:I boccioli una volta lavati van posti per qualche giorno sotto sale e pressati: il liquido che ne fuoriesce va eliminato, quindi si conservano sia sott’aceto che sotto sale.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Infinite sono le ricette della cucina mediterranea che contemplano l’uso dei capperi, con acciughe e aglio essi non dovrebbero mai mancare in cucina, perché sono in grado di aggiungere sapore a molte vivande. I migliori capperi italiani pare siano quelli prodotti nelle isole Eolie.
SALUTE: La corteccia delle radici ha notevoli proprietà diuretiche, i boccioli contengono sostanze dotate di proprietà toniche e digestive.
NOME SCIENTIFICO:
Carum carvi, carvi, detto anche cumino tedesco (Kummel) o dei prati.
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
Il cumino dei prati, o cumino tedesco, è un’erbacea biennale rustica, totalmente glabra, che nel primo anno di vita si sviluppa per una ventina di centimetri, mentre nel secondo anno supera il mezzo metro.
FUSTO: Il fusto del carvi profondamente striato, si presenta ramificato già nella sua parte bassa.
FOGLIE: Le foglie del cumino dei prati sono oblunghe, eleganti, bipennate e glabre.
FIORI: Un’ampia infiorescenza globosa, che appare in piena estate, raccoglie i piccoli fiori bianchi, non appariscenti.
FRUTTI: In autunno giungono a maturazione le piccole bacche lucenti dette botanicamente drupe, di color nero-violaceo, dal sapore acidulo, riunite in grappoli, e molto ricche di vitamina C. HABITAT: Il ginepro è pianta comune nei luoghi incolti situati presso il mare come in montagna, ove cresce numeroso nella zona del faggio, del castagno e delle querce.
HABITAT:
Il carvi, comune in montagna a un’altitudine di circa 1000 metri, è pianta indigena delle Alpi e dell’Europa centrale che viene invece coltivata soprattutto in Olanda. Il terreno ideale per quest’erbacea è come quello dei prati montani: cioè fertile, sciolto e ricco.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’esposizione prediletta di questa erbacea è quella a pieno sole..
RIPRODUZIONE: Il carvi si propaga tramite la semina che pu• essere effettuata a primavera in semenzaio, o in estate direttamente a dimora.
CRESCITA:Quando le piantine sono alte circa 5 centimetri è il momento di diradarle, lasciando attorno alle più robuste almeno una ventina di centimetri di spazio libero.
RACCOLTA:La raccolta dei semi aromatici si attua nell’estate del secondo anno di coltivazione: nei mesi di luglio e agosto si recidono le ombrelle quando i frutti iniziano a maturare, cioè assumono una tonalità bruna.
CONSERVAZIONE: Dopo averle lasciate seccare al sole le ombrelle fiorifere vanno battute con una canna per favorire il distacco dei semi.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Ponendo a macerare per due settimane in un litro di acquavite di buona qualità circa mezzo etto di semi di carvi, poi filtrando il tutto e aggiungendo circa 300 grammi di zucchero, si ottiene il profumato liquore detto Kummel. Polverizzando i semi si ottiene un aromatizzante che si sposa molto bene con i formaggi dal gusto forte tipo l’italiano “gorgonzola” o il francese “munster”. I semi del carvi, nell’Europa settentrionale vengono mescolati alla farina per insaporire pane e focacce.
SALUTE: Il cumino dei prati è un efficace stimolante che ha ottime proprietà aperitive e digestive, combatte l’inappetenza e allevia le flatulenze, in sostanza presenta le stesse proprietà dei semi di anice e di finocchio. Si usa fare un decotto ponendo una ventina di grammi di carvi in mezzo litro d’acqua.
NOME SCIENTIFICO:
LIPPIA citriodora o Aloysia triphilla
FAMIGLIA:
Verbenacee
DESCRIZIONE:
Questa pianta è una perenne apprezzata soprattutto per la deliziosa fragranza delle sue foglie che, come denota il suo nome, profumano di agrumi. Le dimensioni del cespo variano a seconda del clima, dove esso è mite possono raggiungere anche qualche metro di altezza. Questo arbusto andrebbe messo a dimora vicino a casa perché sia a portata di mano, cioè si possa agevolmente stropicciare tra le dita una sua foglia e goderne lo splendido intenso profumo.
FUSTO: La cedrina presenta fusti eretti dal portamento piuttosto disordinato e solo con un’esperta potatura si riesce a ottenere un cespuglio dall’aspetto compatto.
FOGLIE: Le foglie della limoncina si sviluppano a tre a tre lungo il fusto, sono lunghe, a forma di lancia, segnate da una profonda venatura centrale, al tatto sono ruvide.
FIORI: Verso la fine dell’estate appaiono in cima agli steli le leggere spighe composte da minuscoli fiori bianchi o violetti.
HABITAT:
Originaria dell’America Meridionale questa pianta venne importata in Europa dagli Spagnoli nel XVII secolo.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La cedrina ama essere messa a dimora in posizione soleggiata e riparata dai venti. Dove le temperature invernali scendono sotto lo zero in autunno si devono potare leggermente i rami poi coprire le radici e la parte inferiore del cespo con foglie e stuoie o teli; in questo modo le foglie probabilmente cadranno, ma la pianta, dotata di radici profonde, rivegeterà a primavera. Se la coltivazione avviene in vaso questo andrà portato in casa nel tardo autunno.
RIPRODUZIONE: La limoncina si moltiplica per semina o per margotta che va effettuata a primavera avanzata su rami ancora teneri.
CRESCITA: Questa pianta solitamente tarda a emettere le gemme, quindi è necessario, alla fine di un inverno rigido, non perdere la speranza che germogli, ma perseverare nell’innaffiarla e concimarla, perché, anche se molta della chioma è stata rovinata dal gelo, è comunque probabile che le radici siano sopravvissute.
RACCOLTA: Le odorosissime foglie possono essere raccolte in qualunque momento dell’anno, ma hanno il massimo dell’aroma all’inizio della fioritura.
CONSERVAZIONE: Una volta seccate le foglie di cedrina mantengono a lungo inalterato il loro profumo.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Con le foglie fresche, o essiccate, si prepara un’ottima tisana digestiva, tonificante, e calmante. E’ molto gradevole anche il tè di limoncina e menta.
BELLEZZA: L’infuso di limoncina aggiunto all’acqua del bagno la profuma deliziosamente; chi ha gli occhi gonfi o irritati trarrà giovamento da un impacco freddo tenuto in loco per un quarto d’ora.
CURIOSITA’:
Tutti conoscono il liquore chiamato limoncello, ma non tutti sanno che tra i suoi ingredienti oltre all’alcool, allo sciroppo di zucchero, e alla scorza di limoni verdi, vanno usate anche le foglie della cedrina. Per chi volesse cimentarsi nella preparazione di questo ottimo liquore ecco la ricetta:
Alcool purissimo a 90°, grammi 500
Acqua, grammi 300
Zucchero, grammi 250
Scorza, ancora verde, di 2 limoni da giardino
Un’ottantina di foglie fresche di cedrina, meglio se colte all’inizio della fioritura, cioè verso la fine di agosto. Porre le foglie, ben pulite con uno strofinaccio inumidito, e le scorze dei limoni, prive della parte bianca, nell’alcool e lasciarle in infusione per otto giorni. In un altro recipiente sciogliere lo zucchero, ridotto a velo, con l’acqua. Agitare di tanto in tanto ambedue i recipienti. Passati gli otto giorni mischiare l’infuso alcoolico e lo sciroppo di zucchero; lasciare riposare per una settiamna, poi servire ben ghiacciato. Solitamente è un digestivo molto gradito.
NOME SCIENTIFICO:
Anthriscus cerefolium
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
FUSTO: Il cerfoglio è una graziosa pianta annuale dalle foglie simili a quelle di felci miniaturizzate; si adatta alla coltivazione in vaso e in appartamento.
FOGLIE:Le foglioline del cerfoglio, finemente disegnate, sono di colore verde chiaro e si tingono di rosso in autunno.
FIORI:I leggeri fiori bianchi, riuniti in ombrelle, sbocciano solitamente a fine estate, e sono piacevoli da vedere, ma se si desidera ottenere un maggiore sviluppo delle foglie è utile staccare i boccioli per evitare la fioritura.
FRUTTI:Se la coltivazione viene effettuata in un ambiente con la temperatura troppo elevata vi sarà una grande produzione di semi.
HABITAT:
Poiché il cerfoglio teme i ristagni d’acqua alle radici, il terreno di coltura deve essere ben drenato.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Il luogo ideale per mettere a dimora il cerfoglio è ai piedi di una pianta decidua, in quanto d’estate è gradita una leggera ombraggiatura.
RIPRODUZIONE: Di norma si effettua la semina scalarmente, ogni mese, tranne che in inverno. Dopo aver sparso i semi sul terreno si deve solo premere leggermente per farveli aderire, ma non sprofondare. Il cerfoglio si dissemina anche spontaneamente
CRESCITA: Quest’erba sopporta male il trapianto, per cui dopo la semina, si devono semplicemente sfoltire le piante in eccesso, lasciando circa una ventina di centimetri tra cespo e cespo.
RACCOLTA: Le foglie si possono raccogliere già poche settimane dopo la semina e preferibilmente prima della fioritura; per goderne tutto l’aroma si usano fresche.
CONSERVAZIONE:Il delicato e gradevolissimo aroma che ricorda un po’il prezzemolo e un po’l’anice si perde purtroppo, almeno in parte, sia con la congelazione che con l’essiccazione.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie del cerfoglio, ricche di vitamina C, di ferro, magnesio e carotene, sono benefiche per la salute oltre che gradevoli per il palato. Vanno aggiunte ai cibi a fine cottura, in modo che mantengano quasi inalterati profumo e poteri. Oltre che in minestre, verdure, pesci, uova e pollami, sono ottime anche nelle insalate.
BELLEZZA:L’infuso, picchiettato sul volto o lasciato a lungo come una maschera di bellezza, attenua le rughe e migliora il tono della pelle. SALUTE: Una tisana di cerfoglio stimola le funzioni digestive e risulta benefico per il fegato e per la circolazione. Le radici sono un vero aiuto nella forma di depressione che colpisce talora le persone anziane.
NOME SCIENTIFICO:
Symphytum officinale
FAMIGLIA:
Borraginacee
DESCRIZIONE:
Questa graziosa erbacea perenne, che cresce spontanea nei luoghi umidi, possiede nelle sue foglie più proteine di ogni altro vegetale. Le foglie della consolida contengono inoltre potassio, calcio, fosforo e le vitamine A, C e B12, ragion per cui sono una vera miniera di sostanze nutritive.
RADICE: La consolida presenta una radice a fittone che raggiunge dimensioni notevolissime, anche di tre metri. Da questa radice che all’esterno presenta una colorazione scura, tra il marrone e il nero, mentre internamente è bianca o giallina, e risulta piuttosto untuosa al tatto, si ottiene un infuso che agisce da emolliente per l’epidermide ed è ottimo da aggiungere all’acqua del bagno.
FUSTO: I fusti della consolida che spesso raggiungono e talora superano, seppur di poco, il metro di altezza sono coperti come ogni altra parte della pianta da una lanugine ruvida, sono cavi, presentano una sezione quasi quadrata e sono ramificati verso la cima.
FOGLIE: Le foglie di questa borraginacea sono di forma lanceolata, cioè ovale verso la base e che si stringe poi decisamente in punta. Esse hanno colore verde intenso, sono ripiegate, ruvide al tatto e presentano vistose venature.
FIORI: Nella tarda primavera compaiono i piccoli fiori campanulati per forma e raccolti in infiorescenze pendule. Il loro colore varia dal rosa, al lilla e dal bianco all’azzurro.
HABITAT:
Il substrato prediletto da questa erbacea deve essere ricco di sostanze nutritive, presentare un PH neutro e avere umidità costante. Ecco perché la consolida è diffusa lungo i fossi e nelle zone paludose.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Le piante di consolida desiderano essere poste a dimora in posizione soleggiata; data la profondità raggiunta dalle radici è molto difficile estirpare le piante ambientate.
RIPRODUZIONE: La riproduzione della consolida avviene per distacco dei polloni che si formano alla base dei cespi. Questa operazione può venir effettuata in ogni stagione eccetto l’inverno.
CRESCITA: Tra un cespo e il successivo va lasciato almeno un metro di terreno; la messa a dimora delle giovani piantine può venire effettuata in ogni stagione esclusa naturalmente quella invernale.
RACCOLTA: Le foglie si possono raccogliere a partire dalla piena estate; le radici si estraggono dal terreno in primavera o verso la fine dell’autunno scavando attorno ad esse con una vanga ben appuntita.
CONSERVAZIONE: Le foglie delle consolida vanno essiccate; le radici vanno pulite, sezionate e quindi anch’esse essiccate.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: E’ possibile aggiungere le foglie più tenere alle insalate oppure lessarle e cucinarle come fossero spinaci. I gambi vengono sbollentati e serviti come fossero asparagi.
BELLEZZA: L’infuso delle foglie e delle radici di consolida se viene versato nell’acqua del bagno esercita sulla pelle un’azione calmante ed emolliente.
SALUTE: Le proprietà di questa erbacea sono molte: essa esercita un’azione calmante, emolliente, cicatrizzante e antiemorragica. Per lenire il fastidio che provocano eczemi e irritazioni della pelle risulta efficace la tintura di consolida. Un cataplasma di foglie di consolida e di altea scottate e poste ancora calde su un’articolazione dolorante o su ulcere varicose croniche risulta spesso efficace. Il cataplasma di farina di radici di consolida ben essiccate, mescolata con acqua caldissima e con alcune gocce d’olio, è invece benefico in caso di distorsioni, dolori articolari e tumefazioni. L’infuso ottenuto ponendo 75 grammi di foglie in mezzo litro d’acqua, lasciato riposare per circa due ore prima dell’assunzione è utile contro la tosse e il catarro. Mentre l’infuso (per il quale si versa dell’acqua bollente sull’erba già posta in una tazza) salvaguarda le proprietà della pianta, le stesse vanno invece perdute in caso di bollitura: dunque niente decotti di consolida.
NOME SCIENTIFICO:
Coriandrum sativum
FAMIGLIA:
Crocifere
DESCRIZIONE:
Il coriandolo è una pianta erbacea annuale rustica alta poco più di mezzo metro, le cui singole parti emettono un aroma particolarmente pungente. L’aroma di questa pianta, e dei suoi semi freschi, non è gradevole, anzi è repellente: foglie e semi freschi emanano un puzzo che ricorda quello delle cimici, ma i frutti maturando mutano e diffondono un profumo molto caldo e piacevole.
FUSTO: I gambi arrotondati e finemente scanalati del coriandolo sono molto ramificati, d’aspetto gracile e di colore verde chiaro.
FOGLIE: Le foglie poste alla base dei cespi sono profondamente dentate e settate, il loro gusto è simile a quello del prezzemolo, ma l’aroma è pungente; le foglie apicali, che hanno lo stesso aroma, sono invece filamentose e ricordano quelle del finocchio. Le foglie fresche si aggiungono alle insalate o, per il loro leggiadro disegno, si usano per guarnire.
FIORI: I fiori del coriandolo che appaiono all’inizio dell’estate, presentano cinque petali bianchi o appena rosati, sono piatti per forma e riuniti in ombrelle.
HABITAT:
Questa erbacea, spontanea nelle regioni dell’Africa settentrionale e del Mediterraneo orientale, è coltivata da migliaia di anni per le sue virtù culinarie e medicinali. Il coriandolo può crescere anche in vaso, solitamente però si evita una simile coltivazione perché, come si è già ricordato, l’odore della pianta è piuttosto sgradevole prima della completa maturazione dei semi.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Il coriandolo ama il pieno sole e una posizione calda e riparata.
RIPRODUZIONE: La semina si effettua in primavera nelle zone a clima mite, in autunno nelle regioni più fredde. Il terreno deve essere fertile e sciolto.
CRESCITA: Il coriandolo è una pianta rustica e non esigente, che non richiede cure particolari; naturalmente se la semina è stata troppo fitta le piantine vanno sfoltite: tra pianta e pianta vanno lasciati circa venti centimetri d’intervallo. Una regolare sarchiatura e soprattutto lo spoglio delle foglie poste alla base del cespo nel momento in cui si avvicina la fioritura daranno ottimi risultati.
RACCOLTA: Le foglie tenere possono venire raccolte, a seconda delle necessità, a partire da un mese dopo la semina e si consumano crude in insalata o si aggiungono alle minestre. I semi, come in tutte le ombrellifere, vanno raccolti recidendo le ombrelle prima che completino la maturazione ed esponendole al sole sopra un telo.
CONSERVAZIONE: Una volta ben essiccati i semi del coriandolo si conservano in un contenitore a chiusura ermetica al riparo dalla luce e dall’umidità.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Il coriandolo è usato soprattutto in liquoreria dove entra nella composizione della Ratafià e dell’Ambrosia. I semi si usano interi per aromatizzare i sottaceti casalinghi e le conserve in salamoia; i semi macinati vengono invece usati per insaporire le carni, il pesce e alcuni insaccati.
BELLEZZA:I semi di senape polverizzati si usano come deodorante per lavare le mani dopo aver maneggiato cipolla, candeggina, pesce o qualunque sostanza dall’aroma forte e non troppo gradevole; essi servono anche per levare il cattivo odore alle stoviglie. Coloro che hanno i piedi maleodoranti possono aggiungere dei semi di senape all’acqua del pediluvio.
SALUTE:: Le proprietà del coriandolo sono affini a quelle dell’anice: l’infuso dei semi è digestivo e antidiarroico.
CURIOSITA’:
E’ meglio non seminare il coriandolo vicino al finocchio, perché quest’ultimo ne soffre; l’anice al contrario trae vigore dalla vicinanza con il coriandolo.
NOME SCIENTIFICO:
Nasturtium officinale, detto anche crescione d’acqua
FAMIGLIA:
Crocifere
DESCRIZIONE:
Il crescione d’acqua è un’erba perenne, d’aspetto liscio e lucente, conosciuta fin dall’antichità come “l’insalata che guarisce”; il consumo delle sue foglie è però consigliabile solo a coloro che godono buona salute e sempre in quantità moderata.
FUSTO: I fusti del crescione d’acqua sono cavi e angolosi, deboli e spesso striscianti, emettono facilmente radici nella parte inferiore; quando sono eretti la loro altezza può raggiungere il mezzo metro. FOGLIE: Le foglie, alternate lungo il fusto, sono indivise o tripartite nella parte inferiore dello stelo, mentre divengono imparipennate, cioè composte da foglioline di forma ovale e di consistenza leggermente cerosa, opposte lungo una nervatura centrale e da una foglia terminale più grande e quasi rotonda, nella parte superiore dello stesso. I margini delle foglie possono essere interi o dentati.
FIORI:I piccoli fiori bianchi, riuniti in modesti corimbi, sono formati da quattro petali e fioriscono tra aprile ed agosto a seconda delle località.
HABITAT:
Il Nasturtium officinale è detto comunemente crescione d’acqua proprio perché cresce nei pressi di fossi e ruscelli o comunque nelle zone boschive umide. Un tempo questa erba si trovava con una certa frequenza, oggi a causa dell’inquinamento delle acque la sua diffusione è molto ridotta. Naturalmente, a tutela della salute, occorre accertarsi che il corso d’acqua da cui l’erba trae nutrimento non sia inquinato, altrimenti il suo consumo darebbe luogo a un’intossicazione simile a quella che si genera quando si ingeriscono cibi avariati. La cottura in acqua salata infatti, mentre uccide gli eventuali germi, attenua fortemente le proprietà della pianta.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Una esposizione ombrosa è prediletta dal crescione che ama l’umidità.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione del crescione si effettua per semina primaverile o per divisione dei cespi.
CRESCITA:Le piante del crescione crescono presso i fossi, e talora anche nelle acque stesse, purché limpide e poco mosse; i cespi di crescione d’acqua possono venire coltivate anche in un angolo ombroso del giardino ove il terreno venga sempre mantenuto umido.
RACCOLTA: Si raccolgono le foglie tenere prima della fioritura, avendo cura di non estirpare le radici e le piante quando sono in fiore, cioè tra maggio e agosto.
CONSERVAZIONE: Le piantine vanno conservate fresche, ponendole in sabbia umida, in quanto l’essiccazione determina la perdita delle proprietà.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Sia per il sapore piccante di quest’erba che non sempre riesce gradito, sia per le sue caratteristiche è consigliabile consumare il crescione d’acqua con moderazione, mischiandolo con altre erbe da insalata, quali il tarassaco, il piattello, l’aglio orsino e il radicchio selvatico.
BELLEZZA:Pare che frizionando il succo di crescione, posto in un uguale quantitativo di alcool a 90°, sul cuoio capelluto si arresti, o comunque rallenti, la caduta del capelli.
SALUTE:: Le foglie di crescione d’acqua, mangiate fresche in insalata, arricchiscono l’organismo di vitamine e sali minerali e agiscono come depurativo, ma vanno consumate in quantità limitata e solo da chi gode buona salute.
CURIOSITA’:
Se viene cotta quest’erba perde quasi totalmente la sua efficacia medicinale, dunque è importante ricordarsi di consumarla cruda dopo essersi accertati che sia cresciuta presso acque pure.
NOME SCIENTIFICO:
Crithmum maritimum
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
Questa erbacea perenne a radice rizomatosa, dai grossi fusti carnosi ramificati e prostrati che gli conferiscono l’aspetto di pianta succulenta, è molto diffusa sui litorali di quasi tutta l’Europa, dell’Asia e dell’America settentrionale. Il critmo, noto anche con altri nomi, è chiamato “erba di san pietro” e “finocchio marino”, in comune con il finocchio ha l’appartenenza alla vasta famiglia delle ombrellifere. Per il suo alto valore decorativo, oltre che per le sue proprietà aromatiche, il critmo è una pianta perfetta per giardini situati nelle località marine.
FOGLIE: Le foglie del critmo, alterne, glabre, coriacee e dalla tipica tonalità glauca, tra il grigio e il verde, sono molto simili in apparenza a quelle delle piante succulente e formano morbidi cuscini ricchi di vegetazione.
FIORI:Le ombrelle composte da piccoli fiori di colore giallo-verdastro appaiono in estate, tra luglio e settembre
HABITAT:
Il critmo cresce impavido nelle fenditure delle scogliere, sulla sabbia, o in zone sassose interne, sempre però in prossimità del mare.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione prediletta dal critmo marittimo è quella soleggiata.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione può avvenire per divisione dei cespi, da effettuarsi in primavera; per semina in terriccio leggero, o per talee di punta. Quest’ultimo metodo ha le minori probabilità di successo in quanto le talee vengono facilmente attaccate da micosi.
CRESCITA:La coltivazione del critmo non presenta particolari difficoltà.
RACCOLTA: I germogli verde chiaro vanno raccolti prima della fioritura, perché in seguito divengono amari e non più gradevoli.
CONSERVAZIONE: Le foglie più giovani, dopo essere state lavate e asciugate, vanno conservate in aceto di vino che va cambiato dopo due settimane con dell’altro aceto, in modo che le foglie cedano al primo liquido di salamoia l’eventuale amaro in eccesso.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:I sottaceti di critmo conservano appieno l’aroma marino; il loro sapore rievoca dunque nella brutta stagione il sole e l’aria dell’estate.
SALUTE:: Anticamente il critmo era consigliato per favorire la digestione e per aiutare la guarigione dei calcoli ai reni.
CURIOSITA’:
Le foglie carnose e coriacee del critmo, coperte da un velo che limita le perdite d’acqua, simili quindi a quelle delle piante che vivono nelle zone desertiche, mostrano la capacità di adattamento delle piante: infatti l’aria salmastra tenderebbe ad assorbire acqua dalle foglie delle piante se queste non avessero escogitato questo valido sistema di difesa
NOME SCIENTIFICO:
Cuminum cyminum, cumino o comino detto anche falso anice e falso aneto.
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
Il Cuminum cyminum é un’erbacea annuale che non supera i trenta centimetri d’altezza, la cui coltivazione é frequente nel meridione d’Italia, e i cui semi aromatizzano in modo inconfondibile soprattutto la cucina del vicino Oriente.
FOGLIE:Le foglie del cumino assomigliano molto a quelle del finocchio, sono alterne, glabre, formate da segmenti lunghi e stretti, quasi capillari.
FIORI:I fiori piccoli e di colore bianco o rosa, a seconda delle varietà, appaiono nella tarda primavera e sono seguiti da frutti bruni, di forma allungata, con la superficie pelosa e un aroma caldo e piccante, molto più forte di quello del carvi, erba nota anche come cumino dei parti.
HABITAT:
Originario dell’Egitto e dell’Asia centrale, il cumino che si é poi diffuso in tutta l’area del Mediterraneo gradisce una posizione calda e un terreno sabbioso, calcareo, piuttosto arido.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Il cumino vive bene in pieno sole in posizioni riparate dai venti.
RIPRODUZIONE: Nei luoghi ove il clima é freddo il cumino deve essere seminato tardi, quando le temperature siano stabilmente miti, cioè verso maggio.
CRESCITA:A parte le normali operazioni di diradamento delle piantine, sarchiatura del terreno e irrigazione (se l’estate é siccitosa) la coltivazione del cumino non richiede cure particolari.
RACCOLTA: L’epoca della raccolta va da luglio a settembre a seconda della zona di coltivazione: le ombrelle si raccolgono quando cominciano ad ingiallire, prima che giungano a completa maturazione e disperdano buona parte dei semi. Per completare la maturazione subito dopo la raccolta i frutti vanno esposti al sole per qualche giorno sospendendoli capovolti sopra un telo ove si raccoglieranno i semi caduti.
CONSERVAZIONE:I frutti maturi, ben essiccati, si conservano in scatole a chiusura ermetica.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: L’aroma del cumino é piccante, ma leggermente oleoso, per cui generalmente al gusto europeo risulta più gradito quello del carvi, detto anche cumino dei prati o cumino tedesco. Il cumino viene comunque adoperato per insaporire piatti a base di cavoli e patate, carni e formaggi freschi.
SALUTE:I frutti maturi masticati combattono l’alitosi; l’infuso (una decina di grammi di cumino in circa mezzo litro d’acqua) esercita azione digestiva, antispasmodica e sudorifera.
NOME SCIENTIFICO:
Artemisia dracunculus
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
Il dragoncello è un’erba perenne che forma un cespuglio alto più di mezzo metro. Si adatta bene alla coltivazione in vaso.
FUSTO: I gambi sono eretti, di colore verde marrone, molto fragili alla base.
FOGLIE: Le foglie del dragoncello sono allungate, strette e di un bel colore verde brillante. Nella loro pagina inferiore sono cosparse di ghiandole oleose contenenti un aroma gradevole, caldo, pepato.
FIORI: I fiori del dragoncello sono piccoli, sferici, bianco verdastri e piuttosto insignificanti dal punto di vista estetico, ma vengono usati anch’essi per aromatizzare insalate e conserve.
HABITAT:
Il terreno di coltivazione deve preferibilmente essere ben concimato, leggero e non umido.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Anche il dragoncello predilige una posizione soleggiata e riparata. Sopporta temperature di qualche grado superiori allo zero, ma dove gli inverni sono molto rigidi le radici e i cespi, dopo una leggera potatura autunnale, vanno protetti con uno spesso strato di paglia o foglie.
RIPRODUZIONE: Il dragoncello si puo seminare in primavera, ma è molto semplice anche moltiplicarlo dividendo i cespi, sempre in primavera, o facendo talee, in estate.
CRESCITA: La coltivazione di quest’erbacea non presenta particolari difficoltà: tra cespo e cespo è necessario lasciare circa una quarantina di centimetri e come unico accorgimento colturale, quando si raccolgono le foglie, non si devono asportare più di due terzi dei rami, altrimenti si blocca la crescita.
RACCOLTA: Le foglie possono venir raccolte quando si desidera, ma il periodo migliore è l’estate.
CONSERVAZIONE: E’ difficile far mantenere l’aroma alle foglie che, una volta essiccate, acquistano facilmente odore di fieno; si può comunque tentare di conservarlo con la congelazione.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Questa erba ha un’importanza notevole nella cucina francese per il largo uso che ne viene fatto come aromatizzante. Si impiega nelle salse, nelle insalate, nei piatti di pesce e di pollame, nelle frittate.
SALUTE: L’infuso di dragoncello stimola l’appetito ed esercita un’azione tonica e digestiva.
CURIOSITA’:
Il nome latino significa “piccolo drago” e ci si chiede se derivi dal suo sapore pungente o dalle radici che hanno forma di serpente. Il nome francese con il quale è molto nota è “estragon”.
NOME SCIENTIFICO:
Allium schoenoprasum
FAMIGLIA:
Gigliacee
DESCRIZIONE:
Questa pianta perenne, appartenente al genere Allium, è una bulbosa rustica che forma cespi molto fitti, alti anche una trentina di centimetri.
FOGLIE: Le foglie di queste piante sono fini, cilindriche, erette, di un bel colore glauco
FIORI: A fine primavera o in estate appaiono i piccoli e graziosi fiori sferici, comunemente di un bel color malva, più raramente bianco-rosati. Per avere steli più aromatici e non esaurire le piante è consigliabile recidere però i fiori non appena sono sbocciati; in ogni caso ne appariranno altri dopo poche settimane.
HABITAT:
Il paese d’origine dell’erba cipollina sembra essere la Cina, ove quest’erba, che predilige come substrato un terreno fresco e ricco, era apprezzata già quattromila anni or sono ed è comunemente usata in cucina.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’erba cipollina ama il sole, ma tollera anche una posizione a mezz’ombra, in quanto gradisce una certa umidità nel terreno.
RIPRODUZIONE: Il metodo più semplice per moltiplicare l’erba cipollina consiste nel dividere i cespi, in questo caso naturalmente i fiori saranno identici per colore a quelli della pianta madre. Se invece si procede alla moltiplicazione seguendo il metodo della semina si possono ottenere fiori di vari colori: dal bianco rosato fino al viola.
CRESCITA: : Le cure da seguire per ottenere un buon risultato nella coltivazione dell’Allium schoenoprasum sono molto semplici e consistono nello sfoltire i cespi troppo compatti, nel mantenere al terreno un giusto grado di umidità e nel concimarlo regolarmente all’incirca una volta al mese. L’erba cipollina si coltiva senza problemi anche in vaso.
RACCOLTA: Si tagliano le foglie a seconda delle proprie necessità, avendo l’accortezza di non reciderle alla base, ma di lasciarne qualche centimetro in modo da favorire la ricrescita.
CONSERVAZIONE:Le foglie si essiccano o si congelano. Quelle essiccate si bagnano con del succo di limone quando si desidera reidratarle.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Chi gradisce il sapore della cipolla, ma non la digerisce quando la aggiunge cruda alle insalate, può sostituirla con qualche foglia di erba cipollina ben affettata. La digestione è assicurata, anzi facilitata, e inoltre l’alito non darà problemi
NOME SCIENTIFICO:
Foeniculum vulgare, finocchio selvatico
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
Il finocchio selvatico è un’erbacea perenne rustica, di buon valore ornamentale, e di considerevoli dimensioni, supera infatti il metro d’altezza, che ha un profumo molto più intenso di quello del finocchio coltivato. Ogni sua parte è commestibile: seme, radice, stelo, foglia.
FUSTO: BULBO
FOGLIE: Finissime, ben disegnate e deliziosamente aromatiche le foglie del finocchio che ne abbracciano i fusti con ampie guaine, rivelano che la pianta predilige un ambiente arido e sassoso; simili a sottili e molli filamenti di un bel verde lucente esse si scuriscono con l’avvento dell’autunno; ma il loro gusto resta gradevole e delicato se si è avuta l’accortezza di non lasciar andare a seme le piante.
FIORI: Le ombrelle gialle dei fiori del finocchio si aprono in giugno; vanno eliminate se si vuol evitare che le foglie assumano un sapore amaro.
SEMI: I semi del finocchio selvatico di colore marrone verdastro, scanalati e ricurvi, rappresentano la parte più interessante della pianta in quanto, per l’inconfondibile aroma, sono usati per insaporire biscotti, liquori, salse, eccetera.
HABITAT:
Il finocchio, originario dell’Asia Minore e delle regioni mediterranee, ormai diffuso in tutte le zone temperate, ama un terreno arido, in quanto teme i ristagni d’acqua, ma ricco di sostanze nutritive, leggero, sciolto; non tollera i terreni argillosi e compatti, né il clima freddo e umido.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione, sempre calda e riparata, deve essere soleggiata se si desidera portare a completa maturazione un buon raccolto di semi; a mezz’ombra se si desiderano consumare foglie più tenere e di sapore delicato.
RIPRODUZIONE:Una volta che si è ambientato il finocchio selvatico si risemina spontaneamente, ma inizialmente volendo moltiplicarlo si può procedere in autunno alla divisione dei cespi. Chi preferisce ricorrere alla semina la effettui in primavera avanzata, o all’inizio estate, e abbia l’accortezza di coprire solo leggermente i semi.
CRESCITA: Se hanno germinato troppo fittamente le piante di finocchio vanno sfoltite lasciando almeno una quarantina di centimetri tra una e l’altra. Per evitare che le foglie assumano un sapore amaro è bene recidere le cime che portano i semi.
RACCOLTA: I gambi vanno raccolti giovani, le foglie pure; i semi a maturazione avvenuta; le radici vanno estratte dal terreno in autunno.
CONSERVAZIONE: I semi e i gambi vengono essiccati e rafforzano il loro aroma anziché perderlo; mentre le foglie si congelano o si mettono sott’olio o sotto aceto.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: I semi di finocchio si accompagnano bene a tutte le carni grasse, in particolare a quelle di maiale e hanno la proprietà di renderle più digeribili. Si usano inoltre per aromatizzare l’acqua in cui si lessano le castagne, per profumare le olive nere o i fichi secchi. Ottimo per irrorare il pesce arrosto è l’aromatico olio al finocchio, ottenuto lasciando macerare alcuni gambi essiccati.
BELLEZZA:I semi, se masticati, combattono l’alito pesante; l’acqua del loro decotto calma gli occhi arrossati: può venire usata per sciacqui o come impacco.
SALUTE: Il vino che si ottiene mettendo a macerare per una decina di giorni 150 grammi di semi di finocchio in un litro di buon vino, quindi filtrando bene, se assunto nelle dosi di un cucchiaino prima dei pasti e due dopo gli stessi favorisce la digestione e riduce le flatulenze.
CURIOSITA’:
Il Foeniculum vulgare varietà black cloud, pur conservando intatte le caratteristiche aromatiche del finocchio selvatico, tra cui quella di attirare farfalle ed api, ha un particolare valore ornamentale che ne rende consigliabile l’uso in giardino: le sue foglie, che ricordano per forma quelle delle felci, sono di un bel rosso ramato e crescono particolarmente vigorose se si ha l’accortezza di recidere lo stelo principale del cespo non appena è alto una decina di centimetri.
NOME SCIENTIFICO:
Gentiana species
FAMIGLIA:
Genzianacee
DESCRIZIONE:
Le genziane che, tra annuali e perenni, assommano ad alcune centinaia sono apprezzate per la delicata bellezza dei loro fiori quanto per le virtù medicinali delle loro radici. Raccolte selvaggiamente per decenni oggi molte genziane sono tutelate da leggi regionali: per esempio la Gentiana lutea, nota anche come genziana maggiore, divenuta molto rara, fa parte della vegetazione protetta.
FUSTO: Gli steli delle genziane possono essere lunghi, robusti ed eretti, come nel caso della Gentiana lutea, che è la più grande esponente della famiglia, o molto brevi e reggenti le corolle, come nel caso delle cosidette “genzianelle”, di cui la più nota è probabilmente la montana Gentiana acaulis. Il termine scientifico Gentianella denomina varietà annuali o biennali di piccole dimensioni e d’aspetto delicato. FOGLIE: Le foglie delle genziane, che presentano sempre profonde nervature, possono essere di forme e dimensioni diverse, possono formare una rosetta basale o essere opposte, cioè poste l’una di fronte all’altra lungo lo stelo. E’ importante ricordare questa particolare disposizione opposta per poter distinguere con sicurezza le piante di Gentiana lutea da quelle simili, ma fortemente tossiche, del Veratrum album, il veratro bianco. Le foglie di questa liliacea velenosa sono infatti molto simili a quelle della genziana lutea, ma anziché essere opposte sono alternate lungo il fusto.
FIORI:Imbutiformi o stellati, solitari o riuniti in mazzetti ascellari, i fiori delle genziane appaiono in tarda primavera o in estate e oltre che forme differenti presentano anche colori diversi, che vanno dal ben noto blu (detto appunto blu genziana), al bianco, all’azzurro, al giallo o al rosso.
HABITAT:
Le genziane sono diffuse nei pascoli alpini e appenninici sui terreni non calcarei; la varietà palustre cresce esclusivamente nelle zone umide.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Le genziane amano una posizione riparata ma ben esposta ai raggi solari.
RIPRODUZIONE: Molte genziane perenni e tutte le cosiddette “genzianelle”, che sono invece annuali o biennali, si possono riprodurre per semina da effettuare in autunno in contenitori colmi di terriccio fertile e leggero. Le seminiere vanno lasciate all’aperto in posizione riparata, si procederà poi a un primo trapianto delle piantine e alla successiva messa a dimora.
CRESCITA:Tra le numerosissime appartenenti alla famiglia delle genziane sono molte quelle che non presentano particolari difficoltà di coltivazione.
RACCOLTA: La raccolta delle radici di genziana è stata regolamentata in molte regioni italiane, ove la specie, un tempo veniva saccheggiata selvaggiamente. Chi non è certo di riconoscere le piante è importante che acquisti le radici in erboristeria per evitare possibili intossicazioni.
CONSERVAZIONE: Le radici vanno tagliate in piccoli pezzi, essiccate al sole, quindi conservate in recipienti di vetro dotati di buona chiusura.
PROPRIETA’:
SALUTE:: Dalla radice della genziana maggiore l’industria farmaceutica estrae sostanze amare che hanno buone proprietà digestive e toniche. Il decotto concentrato (un etto di radice in un litro d’acqua) si usa esternamente per favorire la cicatrizzazione della pelle nel caso di leggere ustioni o ferite.
CURIOSITA’:
Già nell’antica Grecia le genziane venivano impiegate in campo medico per le loro proprietà febbrifughe e lassative.
NOME SCIENTIFICO:
Juniperus communis
FAMIGLIA:
Cupressacee
DESCRIZIONE:
Il ginepro è una pianta arbustiva sempreverde di buon valore ornamentale che presenta un aspetto molto mutevole a seconda della zona di coltivazione. Questa pianta spinosa, dalla crescita lenta, può avere infatti, eccezionalmente, solo dove il clima È mite, l’aspetto di un piccolo albero, ma spesso forma cespugli più o meno alti, o assume un portamento prostrato, ciò accade in alta montagna, ed è un modo per difendersi dal freddo e dai venti.
FOGLIE: Le foglie aghiformi, strettamente lineari, sono di color verde argenteo.
FIORI: I piccoli fiori giallo chiaro di questo arbusto appaiono in tarda primavera o all’inizio dell’estate. Solo dai fiori femminili si sviluppano le bacche. FRUTTI:I frutti del ginepro sono bacche chiamate in botanica “galbuli”, che, prima di giungere a maturazione, cambiando il colore verde in un viola scuro, con riflessi argentei, restano da due e tre anni sulla pianta. Ogni cespo presenta quindi contemporaneamente frutti maturi e frutti acerbi, ancora verdi. I galbuli presentano forma arrotondata, sono lievemente cerati, resinosi e molto aromatici. HABITAT: Il ginepro è pianta comune nei luoghi incolti situati presso il mare come in montagna, ove cresce numeroso nella zona del faggio, del castagno e delle querce.
HABITAT:
Questo arbusto è tipico dell’area mediterranea nella quale aleggia il suo piacevole profumo; predilige un terreno ben drenato, leggero, anche arido e un po’alcalino.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Una posizione soleggiata risulta gradita a questa pianta che si ambienta comunque senza difficoltà anche a mezz’ombra.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione può avvenire per semina o per talea, ambedue da effettuarsi all’inizio dell’autunno. Anche il metodo della propaggine daottimi risultati. Poiché‚ le piante possono essere maschili o femminili, per essere certi del genere della nuova pianta è necessario ricorrere alla talea.
CRESCITA: Al momento di mettere a dimora un ginepro è bene aver cura di scegliere una specie adatta al clima locale. Il terreno d’impianto andrà concimato con un certo anticipo con un fertilizzante organico e la nuova pianta andrà irrigata regolarmente durante i primi due anni, mentre in seguito sarà necessario annaffiare solo in caso di siccità. La concimazione va sempre eseguita in autunno.
RACCOLTA: Il periodo della raccolta è l’autunno, tra settembre e ottobre, e le bacche vanno poi fatte seccare all’ombra.
CONSERVAZIONE: Gli steli tagliati devono venir essiccati all’ombra, in un ambiente secco e ventilato; in questo modo manterranno a lungo intatto il caratteristico stimolante profumo.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le bacche sono usate per aromatizzare arrosti, stufati e ripieni e per la preparazione di liquori; il distillato di ginepro è infatti alla base del “gin”. Se, per cuocere le carni alla griglia, viene usata della legna di ginepro, questa comunica ai cibi il suo aroma.
BELLEZZA:Il timo ha un elevato potere detergente per cui chi soffre di acne dovrebbe sciacquare la pelle, dopo il consueto lavaggio, con un’infuso di timo.
SALUTE: Le bacche del ginepro contengono un olio balsamico che ha proprietà stimolanti, disinfettanti, digestive, diuretiche e sudorifere. Per disinfettare la bocca e combattere l’alitosi si possono masticare 5 o 6 bacche fresche al giorno; sempre con le bacche fresche si prepara un decotto che favorisce la digestione e può risultare utile nel caso di malattie respiratorie. Poiché‚ può nuocere ai reni il decotto di ginepro va però sempre assunto, per uso interno, sotto stretto controllo medico. Se viene usato esternamente, per esempio aggiungendolo all’acqua del bagno, non presenta alcuna controindicazione ed è tonificante e riscaldante. L’intera pianta, se viene bruciata, deodora e rinfresca gli ambienti.
CURIOSITA’:
Le proprietà aromatiche delle bacche del ginepro sono note da sempre: già i Greci e i Romani le usavano per insaporire le carni.
NOME SCIENTIFICO:
Hyssopus officinalis
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
L’issopo è una pianta erbacea perenne sempreverde e rustica che esala un aroma intenso e gradevole; per la delicata bellezza del suo cespo, che si innalza compatto per circa mezzo metro e possiede un buon valore ornamentale, l’issopo è molto adatto alla coltivazione nei giardini ove viene impiegato per bordure e basse siepi. L’issopo, che è coltivato fin dai tempi più remoti, è menzionato nella Bibbia come pianta sacra.
FUSTO: Il gambo dell’issopo, ramificato e di forma squadrata, è legnoso alla base ed erbaceo superiormente.
FOGLIE: Le foglie aromatiche dell’Hyssopus officinalis, da cui viene estratto un olio usato dall’industria profumiera e dalle distillerie, sono strette e lunghe da pochi millimetri a oltre due centimetri, appuntite, lineari o lanceolate, lievemente pelose, di un bel verde intenso. In cucina vanno usate con moderazione (e mai da donne in stato interessante), si possono aggiungere alle minestre e alle carni, di cui favoriscono la digestione, o alle macedonie.
FIORI: La fioritura dell’issopo avviene in piena estate, tra luglio e settembre e risulta molto gradita alle api e alle farfalle. I piccoli fiori, riuniti in gruppi ascellari e formanti una spiga apicale, possono essere di colore azzurro intenso o, meno frequentemente, bianco e rosa.
HABITAT:
L’issopo, spontaneo in molte zone montane dell’Italia settentrionale, compare talora anche in pianura nel resto dell’Italia, in particolare in Toscana e nel territorio attorno a Napoli. Per quanto riguarda il terreno non è particolarmente esigente, ma predilige terreni sassosi, piuttosto aridi e ben esposti. L’issopo può venir coltivato con successo anche in vaso.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione ideale per l’issopo è al riparo dai venti e in pieno sole.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione avviene per divisione dei cespi, da effettuare in primavera avanzata, verso aprile-maggio, o all’inizio dell’autunno. Chi preferisce può anche procedere alla semina, in marzo-aprile, su substrato calcareo e leggero.
CRESCITA:Questa erbacea è decisamente robusta e la sua coltivazione non richiede cure particolari.
RACCOLTA:I fiori vanno raccolti appena iniziano a schiudersi; le foglie, secondo necessità, in ogni periodo dell’anno.
CONSERVAZIONE: Foglie ed infiorescenze si conservano dopo averle essiccate e sono ottime componenti dei pot-pourri.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: I fiori e le foglie più tenere si possono aggiungere nelle insalate, nelle minestre e negli arrosti. Le sommità fiorite si usano in alcune salse e zuppe, sono inoltre un ingrediente dei liquori “cent’erbe”.
SALUTE:Un infuso di foglie di issopo risulta utile per curare tossi e raffreddori; una tazza d’infuso, bevuta dopo i pasti, favorisce inoltre il processo digestivo.
CURIOSITA’:
Se si mette a dimora qualche pianta di issopo nell’orto, nei pressi dei filari di cavoli, si tengono lontane da questi ultimi le temute farfalle cavolaie le quali vengono attirate altrove dalla fragranza dei fiori dell’issopo.
NOME SCIENTIFICO:
Cerfoglio
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
La Lavandula officinalis, la vera lavanda, è un piccolo arbusto sempreverde e rustico, a portamento eretto, che a maturità può essere alto oltre un metro e spesso necessita di sostegni. Coltivata per il delizioso profumo delle sue spighe fiorifere, ma decorativa anche per le fitte foglie argentee, la lavanda, cresce spontanea nelle zone collinari, mentre al di sotto dei 500 metri è diffusa la Lavandula spica, o spigo, che teme il freddo e fiorisce circa un mese dopo.
FUSTO: I fusti della lavanda, elegantemente contorti, e legnosi dal secondo anno di coltivazione, tendono a scortecciarsi sui rami più vecchi e a prostrarsi.
FOGLIE:Le foglie sono opposte, lineari, ricoperte da una fine peluria che assume sfumature argentee sulle foglie vecchie, quasi bianche su quelle giovani; anch’esse sono deliziosamente profumate, più o meno intensamente a seconda delle varietà.
FIORI: Le foglie sono opposte, lineari, ricoperte da una fine peluria che assume sfumature argentee sulle foglie vecchie, quasi bianche su quelle giovani; anch’esse sono deliziosamente profumate, più o meno intensamente a seconda delle varietà.
HABITAT:
Il clima temperato è gradito alla lavanda, per cui la si trova allo stato spontaneo in molte zone del Mediterraneo; il terreno ideale per la sua coltivazione è asciutto e leggero, calcareo, non compatto.
COLTIVAZIONE:
Coltivare la lavanda non presenta difficoltà: l’unica attenzione va posta nel drenaggio, che deve essere ottimo in quanto le radici di queste piante temono i ristagni d’acqua. La coltivazione su terreni scoscesi è ideale sia perché il decorso dell’acqua piovana è favorito, sia perché le radici della lavanda contribuiscono a tenere fermi i terreni che hanno tendenza a franare. La lavanda può essere coltivata anche in vaso, purché all’aperto.
ESPOSIZIONE: Tutte le varietà di lavanda amano il sole, una posizione aperta risulterà utile per prevenire le infezioni da funghi.
RIPRODUZIONE: Il metodo più semplice e diffuso di moltiplicazione consiste nel far radicare talee di rametti semilegnosi, lunghi una quindicina di centimetri, staccati nei periodi dell’anno in cui la temperatura è stabilmente mite da piante giovani, preferibilmente al secondo anno d’impianto.
CRESCITA: Per mantenere in forma i cespi occorre potare le piante energicamente alla fine della fioritura ed eventualmente in modo più leggero a primavera per eliminare i rami rovinati dalla neve o dal gelo e favorire l’emissione di nuovi getti.
RACCOLTA: L’epoca della raccolta è in relazione alla varietà, coltivata, all’esposizione e all’altitudine; quel che si deve tenere presente è che i fiori, una volta recisi, devono essere sottoposti subito alla lavorazione se si intende ricavarne l’essenza. E’ importante raccogliere i fiori quando non sono ancora completamente schiusi, nelle ore centrali di giornate asciutte.
CONSERVAZIONE: I fiori di lavanda essiccati all’ombra si conservano poi in scatole di latta a chiusura ermetica; se vengono posti in sacchetti di tela fine e messi in armadi o cassetti profumano gradevolmente la biancheria.
PROPRIETA’:
BELLEZZA: Chi desidera un’acqua di lavanda fatta in casa deve porre 30 grammi di fiori appena raccolti in mezzo litro d’alcool a 32°e lasciarli macerare per un mese, quindi filtrare il tutto.
SALUTE: Il profumo della lavanda attira le api, che producono un ottimo miele aromatico, mentre non piace alle zanzare che ne vengono infastidite: è consigliabile dunque, nelle afose sere estive, frizionarsi con acqua di lavanda per rinfrescarsi e nello stesso tempo evitare fastidiose punture. L’infuso di fiori di lavanda (10 grammi di fiori posti per tre minuti in infusione in una tazza da 200 millilitri) allevia le emicranie originate da digestione lenta, ha inoltre azione rilassante e antisettica per cui giova in caso di laringiti, alitosi e flatulenze.
CURIOSITA’:
La derivazione etimologica del nome non lascia dubbi e ricorda l’uso che i Romani facevano di questa pianta: la usavano per profumare l’acqua dei bagni e come detergente.
NOME SCIENTIFICO:
Levisticum officinale (Ligusticum levisticum)
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
Il levistico, conosciuto anche con l’appellativo di “sedano di montagna”, è un’erbacea perenne rustica dal profumo gradevole e intenso che si trova, allo stato spontaneo, in molte zone collinari dell’Italia settentrionale. Non può venire coltivato in casa, in quanto vive solo all’aperto ove forma cespi di notevole eleganza.
FUSTO: I fusti del levistico che raggiungono uno sviluppo di oltre un metro, sono rotondi, eretti, cavi; essi ramificano verso la cima e presentano sfumature rossastre.
FOGLIE: Le foglie del levistico sono tripennatosette, incise e dentate, decisamente simili per forma a quelle del sedano. Molto profumate, esse non perdono il loro aroma neppure dopo che sono state essiccate, e vanno dunque aggiunte alle pietanze con moderazione.
FIORI: Nel cuore dell’estate, nei mesi di luglio e agosto, si aprono i fiori del levistico: piccolissimi, di un colore tra il giallo pallido e il verde, sono riuniti in ombrelle.
HABITAT:
Il terreno ideale per la crescita di questa erbacea perenne deve essere ricco, inoltre deve essere umido, ma contemporaneamente dotato di un buon drenaggio.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Il levistico prospera sia al sole sia a mezz’ombra.
RIPRODUZIONE: Il cosiddetto “sedano di montagna” si dissemina spontaneamente con grande facilità; se si intende procedere alla semina occorre interrare i semi non appena sono giunti a maturazione alla fine dell’estate. Il levistico si moltiplica anche staccando delle talee di germogli in primavera o in autunno o procedendo alla divisione dei cespi.
CRESCITA: In considerazione delle notevoli dimensioni raggiunte dai cespi nel corso del loro sviluppo tra una pianta e la successiva va lasciato almeno mezzo metro di distanza.
RACCOLTA: Le foglie si raccolgono in estate, tra giugno e agosto; le radici in autunno quando la stagione vegetativa si è conclusa.
CONSERVAZIONE:Le foglie si possono sia congelare sia essiccare. Per le radici e per i semi si consiglia invece di ricorrere esclusivamente a quest’ultimo metodo.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie del levistico, fresche o essiccate, sono ottime per insaporire minestre e bolliti. Quando sono tenere e crude possono sostituire il prezzemolo nelle frittate e nelle minestre, mentre aggiungono un gradevole sapore a molti altri piatti, come quelli a base di pollo e al baccalà. I gambi pi- teneri possono venir canditi, quelli pi- vecchi vengono lessati e mangiati come contorno oppure uniti alle altre verdure nella preparazione delle minestre.
SALUTE: La radice del “sedano di montagna” si prepara facendola lessare: il suo consumo favorisce l’attività renale, riduce i ristagni di liquidi, e migliora le funzioni digestive. Essa è utilizzata anche nei casi di insufficienza mestruale.
NOME SCIENTIFICO:
Glycyrrhiza glabra, liquirizia (detta anche liquorizia o liquerizia).
FAMIGLIA:
Leguminose
DESCRIZIONE:
La pianta della liquirizia il cui nome significa “radice dolce”, è una erbacea perenne rustica, cioè resistente al gelo, che può superare il metro d’altezza ed è caratterizzata da una radice verticale a cui si affiancano alcuni stoloni ad andamento pressoch‚ orizzontale.
FOGLIE: Le foglie sono imparipennate, cioè composte da foglioline lunghe e strette, opache, di colore verde intenso, appaiate lungo il rachide (così è detta la nervatura principale di una foglia composta) e da una sola foglia posta sulla sommità dello stesso.
FIORI:Si schiudono in estate i piccoli e graziosi fiori di colore azzurro violaceo, riuniti in infiorescenze ascellari, che sono seguiti dai tipici legumi bruno-rossastri contenenti ciascuno da 2 a 5 semi rotondi. RADICE:E’ questa la parte più caratteristica della pianta: da una radice principale rizomatosa, dunque carnosa, si dipartono diversi stoloni, cioè ramificazioni allungate, ruvide ed esternamente scure, mentre sono gialle all’interno. La radice della liquirizia è molto usata in pasticceria.
HABITAT:
Questa pianta cresce spontanea lungo le coste dell’Europa meridionale in terreni sabbiosi, calcareo-argillosi, sempre aridi, e nelle steppe orientali.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’esposizione ideale è calda e soleggiata.
RIPRODUZIONE:Per propagare la liquirizia di solito si prelevano dei pezzi di rizoma con almeno tre nodi; molto meno frequente è la riproduzione per semina. Il terreno ideale è di medio impasto e lavorato in profondità
CRESCITA: La liquirizia, spontanea in Italia e diffusa soprattutto in Sicilia, Calabria e Abruzzo, non richiede cure particolari a non trae vantaggio da una ricca concimazione che fornisce piante più sviluppate ma più povere di proprietà benefiche.
RACCOLTA: Le radici dopo essere state estratte dal terreno nel tardo autunno del terzo anno di coltivazione, ed essere state sbucciate vengono fatte essiccare per essere messe in commercio sotto forma di bastoncini delle dimensioni di una matita o poco più. Si conservano a lungo. Dopo lunga bollitura dalle radici si ottiene un liquido scuro che è la base per produrre la liquirizia nera.
CONSERVAZIONE: Le radici, ridotte in pezzi, si fanno essiccare. Gli steli si candiscono o si cuociono per fare composte e marmellate.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: La liquirizia viene usata nella preparazione dei dolci, ed è ottima per addolcire le tisane.
SALUTE: : Le radici di liquirizia, poste in infusione, costituiscono un buon rimedio per la tosse, in quanto hanno propriet… emollienti; anche il mal di gola può essere combattuto masticando un pezzo di radice. Chi ha la pressione sanguigna bassa, cioè a livelli inferiori alla norma, può trarre vantaggio dal consumo di liquirizia che tende al alzare la pressione. La liquirizia esercita infine una blanda azione lassativa.
NOME SCIENTIFICO:
Humulus lupulus
FAMIGLIA:
Cannabacee
DESCRIZIONE:
Il luppolo è una pianta erbacea perenne decidua che può svilupparsi fino a raggiungere un’altezza di circa sette metri e vive nelle regioni temperate. Il luppolo può venir coltivato anche in vaso e anche in casa, ma in queste condizioni raramente giunge alla fioritura.
FUSTO: I lunghi e flessibili fusti del luppolo, vuoti internamente, sono ricoperti all’esterno da piccole spine grazie alle quali si aggrappano a qualsiasi sostegno. Questi fusti che si avvolgono a spirale, girando sempre in senso orario, consentono alla pianta di sollevarsi da terra.
FOGLIE: Le foglie del luppolo, dai margini fittamente dentati, sono irregolari, presentano infatti da tre a cinque lobi, e sono ruvide al tatto.
FIORI: I fiori maschili del luppolo e quelli femminili crescono su piante distinte, hanno colore verde giallastro e sbocciano in piena estate. I più ricercati, in quanto utilizzati dall’industria della birra, sono i fiori femminili che sono occultati da un complesso sistema di brattee formanti il caratteristico cono che rende la pianta del luppolo inconfondibile. Quando i frutti sono maturi le brattee assumono una consistenza cartacea e si prestano ad essere usati nelle composizioni di fiori secchi o nelle ghirlande
HABITAT:
In quasi tutta la penisola italiana ai margini dei boschi e sulle siepi si sviluppano spontanee le piante del luppolo che amano i terreni fertili e ben lavorati.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Le piante di luppolo prediligono una posizione aperta e soleggiata.
RIPRODUZIONE: Le piante di luppolo prediligono una posizione aperta e soleggiata.
CRESCITA: Il luppolo è una pianta rustica che non presenta particolari problemi di crescita; tra un cespo e il successivo va lasciato circa un metro di terreno; ogni esemplare deve necessariamente essere munito di tutore oppure poter arrampicare su un graticcio.
RACCOLTA:In primavera, verso aprile, si raccolgono le cime dei germogli laterali, che sono un cibo apprezzato dai buongustai; solitamente su ogni pianta si riescono ad effettuare due raccolti. Le foglie più tenere di ogni cespo possono venir aggiunte alle minestre; i fiori si raccolgono all’inizio dell’autunno, quando sono giunti a maturazione; i lunghi steli, da usare per intrecciare ghirlande o canestri, si tagliano nel tardo autunno.
CONSERVAZIONE: Fiori, foglie e gambi, perché si possano conservare, vanno essiccati. I fiori vanno poi usati entro qualche mese, altrimenti assumono un aroma sgradevole.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Dai tempi antichi i germogli primaverili del luppolo vengono consumati come fossero asparagi; sono ottimi anche in un risotto o mescolati a una frittata. Ora non vengono più venduti nei mercati, ma ognuno può raccoglierli da sé durante una passeggiata in campagna. In tutta Europa si usa il luppolo per schiarire, conservare e aromatizzare la birra. BELLEZZA::L’infuso dei fiori di luppolo, versato nell’acqua del bagno, esercita un’azione rilassante. SALUTE:: L’infuso dei coni del luppolo ha proprietà calmanti ed è quindi indicato per alleviare i disturbi della vescica come per favorire il sonno, inoltre stimola l’appetito e favorisce la digestione.
CURIOSITA’:
Un cuscino imbottito di luppolo pare possa servire a combattere l’insonnia. Con i lunghi e flessibilissimi gambi di questa pianta si possono intrecciare canestri. Facendo bollire le foglie del luppolo si ottiene una tintura di color marrone.
NOME SCIENTIFICO:
Origanum majorana o Majorana hortensis
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
La maggiorana appartiene alla famiglia dell’origano, è una perenne semi rustica che spesso viene coltivata come annuale. Questa pianta dal portamento eretto, apprezzata per il suo aroma speziato, può essere erbacea o suffruticosa e raggiungere anche mezzo metro di altezza.
FUSTO: I fusti hanno colore verde screziato di rosso, assumono verso la base aspetto legnoso e radicano facilmente se toccano terra.
FOGLIE: Le foglie sono ovali, oblunghe, arrotondate all’apice e dotate di un corto picciolo. Il loro colore è verde pallido.
FIORI: I fiori della maggiorana possono essere bianchi o violetti, compaiono in estate e sono riuniti in pannocchie.
HABITAT:
I luoghi d’origine dell’Origanum majorana sono le terre dell’Africa settentrionale e dell’Asia occidentale; nei paesi dove cresce spontanea la maggiorana è perenne, mentre altrove viene generalmente coltivata come annuale o biennale.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La maggiorana ama essere coltivata in pieno sole e in posizione riparata.
RIPRODUZIONE: Per ottenere nuove piante si può procedere in primavera alla semina, ma si deve tener presente che la germinazione è lenta; si può effettuare la divisione dei cespi sempre in primavera o in autunno; oppure si possono staccare delle talee all’inizio dell’estate.
CRESCITA: Questa pianta aromatica predilige un terreno ricco, piuttosto secco e ben drenato. Tra cespo e cespo è bene lasciare una trentina di centimetri, in autunno si devono accorciare i rami di due terzi e, nelle zone molto fredde, proteggere i cespi. La maggiorana si può coltivare anche in vaso.
RACCOLTA: Le giovano foglie si raccolgono in ogni periodo dell’anno, mentre le sommità fiorite vanno recise poco prima che sboccino, solitamente tra luglio e settembre.
CONSERVAZIONE: Le foglie della maggiorana possono essere essiccate, congelate o poste a macerare in olio e aceto. Le infiorescenze si fanno essiccare all’ombra, come di consueto.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Quest’erba è strettamente affine all’origano. Perché mantenga intatte le sue proprietà va consumata cruda, dopo averla ben tritata, o va aggiunta alle pietanze negli ultimi momenti della cottura: è ottima per le carni, nei ripieni e negli umidi.
BELLEZZA: Il decotto di infiorescenze di maggiorana profuma soavemente l’acqua del bagno; poche gocce di olio essenziale sparse sul cuscino facilitano il sonno, grande alleato della bellezza.
SALUTE: L’infuso di quest’erba è ottimo nei casi di digestione difficile, contro i dolori addominali e le nevralgie. Per curare tossi e raffreddori si usa per inalazione o nei suffumigi.
CURIOSITA’:
I Greci ritenevano la maggiorana un dono di Afrodite e quindi la associavano all’idea di felicità.
Dal Medio Evo essa fu sempre coltivata negli orti europei; pare che le sue foglie strofinate sui mobili e sui pavimenti di legno li rendano particolarmente lucenti; foglie e fiori racchiusi in sacchetti odorosi profumano delicatamente la biancheria.
NOME SCIENTIFICO:
Malva species
FAMIGLIA:
Malvacee
DESCRIZIONE:
Ecco un’erbacea annuale, biennale, o perenne, sempre molto rustica che un tempo era largamente diffusa presso le case, mentre oggi è sempre più rara da trovare. In Italia sono spontanee la Malva vulgaris e la Malva alcea, dai vistosi fiori rosa; si dissemina naturalmente anche la Malva moschata dalle foglie frastagliate, particolarmente decorative.
FOGLIE:Sono rotondeggianti ma incise da lobi triangolari quelle dalla Malva vulgaris, detta anche rotundifolia; frastagliate in altre varietà; arricciate quelle della Malva crispa.
FIORI: I fiori sono solitamente di un bel rosa tendente al violetto che è detto appunto color malva, mauve, alla francese; possono essere anche di un rosa più delicato. Larghi almeno tre centimetri, talora cinque, presentano petali smarginati, percorsi per tutta la lunghezza da linee di colore più intenso. La loro generosa fioritura avviene in estate, da luglio in avanti e, se si recidono i fiori appassiti, si protrae fino all’autunno.
HABITAT:
La malva pur non avendo grosse esigenze per quanto riguarda il terreno e le concimazioni, vive infatti quasi ovunque, prospera nei terreni sciolti, ricchi di materiale organico e riparati dai venti.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’esposizione più gradita è il pieno sole, ma è tollerata anche la mezz’ombra.
RIPRODUZIONE: Spesso il grande vigore di questa perenne la porta a disseminarsi da sola; ma nuove piante si possono avere anche per divisione dei cespi, per talee, staccate in primavera avanzata o in estate, o per semina da effettuarsi sempre in estate.
CRESCITA: Se le piantine dopo la semina crescono troppo fitte vanno distanziate di almeno una trentina di centimetri. Per avere un buono sviluppo è bene lasciare i cespi a lungo indisturbati.
RACCOLTA: Le foglie possono venire raccolte durante tutta l’estate, benché giugno e luglio siano i mesi migliori, ma sempre nelle prime ore del mattino, non appena si è asciugata la rugiada; i fiori vanno colti in bocciolo, prima che la fioritura sia completa.
CONSERVAZIONE: Una volte essiccate all’ombra le foglie e i fiori di achillea si conservano in scatole o vasi a chiusura ermetica.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie fresche e tenere della malva lessate, condite con limone, olio, sale e pepe, consumate per qualche giorno come verdura la sera, oltre a essere gradevolissime di sapore esercitano un’azione lassativa che sarà apprezzata da chi soffre di stitichezza cronica.
BELLEZZA: La malva è emolliente e rinfrescante: facendo bollire, per una decina di minuti, due manciate di foglie di malva in una tazza d’acqua, si ottiene un liquido che, filtrato e raffreddato, va applicato al viso con un tampone di cotone e lasciato agire per qualche minuto. L’effetto rilassante è assicurato e sarà stupefacente se, dopo questa operazione, si passerà accuratamente sul viso un cetriolo. La cura di bellezza sarà completata da un risciacquo con acqua tiepida.
SALUTE: La malva contiene sostanze efficaci in diversi disturbi delle mucose interne: è utile in gastriti, laringiti, tossi, in quanto esercita un’azione emolliente e anticatarrale. Per sfruttare al massimo i suoi benefici l’infusione deve avvenire a freddo: va posto, per una intera notte, un cucchiaio di malva in 1/4 di litro d’acqua fredda. Questa dose, sufficiente per un giorno, va bevuta in due o tre volte, dopo averla leggermente riscaldata.
CURIOSITA’:
Pitagora, il famoso filosofo e matematico dell’antica Grecia, riferendosi alle enormi virtù di quest’erba scrisse: “semina la malva, ma non mangiarla; essa è un bene così grande da doversi riservare al nostro prossimo, piuttosto che farne uso con egoismo per il nostro vantaggio”.
NOME SCIENTIFICO:
MELISSA officinalis
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
La melissa è un’erbacea perenne le cui foglie sono simili a quelle della menta, ma emanano un delicato profumo di limone che rende questa aromatica molto apprezzata dalle api. La melissa può svilupparsi fino a raggiungere quasi un metro d’altezza e può essere coltivata sia in terra che in vaso.
FOGLIE: La foglia della melissa è ovale, dentata e profondamente nervata, normalmente di colore verde chiaro nella Melissa variegata le foglie mantengono il caratteristico profumo di limone, ma presentano macchie dorate.
FIORI: La fioritura si protrae dall’estate fino all’autunno; i fiori, riuniti in infiorescenze, sono minuscoli e poco appariscenti, il loro colore vira dal bianco-rosato iniziale al pallido azzurro della piena fioritura. Anch’essi hanno le stesse proprietà benefiche delle foglie.
HABITAT:
La melissa cresce spontanea nei luoghi ombrosi di tutta l’Europa meridonale, ama un terreno fresco e umido.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Questa aromatica trova ideale una posizione a mezz’ombra, in quanto non ama essere esposta ai raggi solari nelle ore più calde della giornata. Il sole forte infatti scolorisce le sue foglie e ne muta il profumo che diviene più aspro.
RIPRODUZIONE: La melissa si può moltiplicare con uno dei tre metodi di riproduzione più diffusi: semina, talea e divisione dei cespi. La semina si effettua in aprile e occorre essere pazienti in quanto la germinazione è lenta; gli altri sistemi si attuano in primavera o autunno.
CRESCITA: Sono poche le cure richieste per la coltivazione: quando i cespi sono troppo fitti vanno sfoltiti e si deve lasciare almeno mezzo metro di distanza tra pianta e pianta. RACCOLTA: Il momento migliore per la raccolta delle foglie è quello in cui i fiori cominciano ad aprirsi; chi ama seguire le tradizioni dovrebbe effettuare la raccolta della melissa il 24 giugno, giorno di San Giovanni.
CONSERVAZIONE: Solitamente si essicano le foglie, ma purtroppo, quando non è fresca, quest’erba perde molte delle sue virtù.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie fresche di melissa aromatizzano insalate, salse per il pesce, compresa la maionese, marmellate e dolci.
BELLEZZA: L’infuso (un pizzico d’erbe in una tazza d’acqua bollente) si può usare come tonico per il viso e nel risciacquo dei capelli grassi; il decotto (una manciata d’erbe immerse in acqua fredda e poi fatte bollire per una ventina di minuti) si aggiunge all’acqua del bagno allo scopo di tonificare l’organismo.
SALUTE: Nel caso di punture di insetti ponendo alcune foglie, appena colte, sulla parte dolente si avrà sollievo.
CURIOSITA’:
La melissa, ritenuta dai greci sacra ad Artemide, è sempre stata usata come pianta medicinale e il famoso medico Paracelso le attribuiva il potere di far rivivere anche il malato più grave. Una tisana di melissa assunta con regolarità, ogni mattina, rinvigorisce l’organismo, rafforza la mente e allontana la malinconia.
NOME SCIENTIFICO:
Mentha species
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
Esistono più di 600 varietà di questa erbacea perenne rustica vigorosa a tal punto che si incrocia spontaneamente e dà vita a sempre nuove varietà. La vitalità della menta è tale da renderla addirittura una pianta infestante, per cui, se si ha poco spazio a disposizione, conviene interrarla con il vaso o comunque contenerne le radici con pietre profondamente infisse nel terreno. A seconda della specie a cui appartiene una pianta di menta può essere alta da qualche decina di centimetri a quasi un metro, o avere portamento strisciante. Le varietà erette vanno potate spesso per mantenere compatti i cespi e rinnovare la crescita, quelle striscianti sono perfettamente adatte alla formazione di profumati tappeti erbosi.
FOGLIE: Le foglie della menta sono ovali, più raramente rotonde, verdi, ma anche variegate con bordi crema o viola, sempre profondamente nervate.
FIORI:I piccoli fiori della menta, di color malva o lilla, sono riuniti in spighe apicali e sbocciano in estate.
HABITAT:
Tutte le mente prediligono terreni freschi, ma ben drenati e piuttosto ricchi di sostanze nutritive.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La menta cresce bene sia a mezz’ombra che in pieno sole. RIPRODUZIONE: Il metodo più semplice di moltiplicazione consiste nel dividere i cespi in primavera o in autunno, ma anche il metodo della talea dà solitamente buoni risultati; se si desidera seminare qualche varietà particolare è necessario farlo in primavera.
RACCOLTA:Le foglie vanno raccolte poco tempo prima che appaiano i fiori.
CONSERVAZIONE:Solitamente i rametti di menta vengono essiccati, ma possono anche venir congelati.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: L’aroma della menta, inconfondibile e penetrante, è apprezzato soprattutto in estate quando diviene principale componente di sciroppi e tè ribfrescanti; le foglie vengono usate anche per insaporire le verdure o nei dolci al cioccolato.
SALUTE: La ben nota Menta piperita ha proprietà digestive, antispasmodiche e antisettiche: l’infuso che si ottiene ponendo in una tazzina d’acqua pochi grammi di foglie secche o fresche, anche mischiate con altre di limoncina, tiglio o camomilla, è un buon digestivo.
Chi soffre di emicranie potrà trarre giovamento dalla menta in due modi: ponendo sulla parte dolente un impacco tiepido di foglie bollite in pochissima acqua e poste in una pezzuola, o bevendo la solita tisana ben calda. Sciacqui a base di menta alleviano anche il mal di gola.
CURIOSITA’:
Questa profumatissaima erba è, da sempre, simbolo dell’ospitalità, e il poeta latino Ovidio racconta come due modesti contadini, ricchi di antica cultura, strofinassero con foglie di menta il tavolo della cucina per renderlo profumato prima di servirvi il pranzo agli ospiti.
Era uso comune, nei tempi passati, spargere erbe profumate negli armadi e nelle stanze della casa, come oggi si fa con i deodoranti, e la menta era molto usata per questo scopo.
Pare infine che il forte liquore a base di menta piperita, ancora diffuso in tutta Europa e distillato in molti conventi, abbia avuto origine nel Medioevo, quando fu prodotto allo scopo di purificare l’acqua diluendovene alcune gocce.
NOME SCIENTIFICO:
Myrrhys odorata
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
La mirride è un’erbacea perenne molto decorativa, le cui foglie, deliziosamente disegnate, ricordano assai quelle delle felci. Questa erbacea rustica è presente spontaneamente in alcune zone collinari dell’Italia centrale e settentrionale. Il gradevole aroma della mirride ricorda quello del cerfoglio e dell’anice.
FUSTO: I gambi della finocchiella sono eretti, striati, e possono raggiungere il metro di altezza.
FOGLIE: Le foglie della mirride sono pennatosette, lunghe circa 5 centimetri, coperte di lanugine nella pagina inferiore, verdi con screziature bianche, a stagione inoltrata, sulla pagina superiore.
FIORI: Molto amati dalle api i fiori della mirride si schiudono dalla primavera all’estate e sono riuniti in infiorescenze ombrelliformi.
HABITAT:
Questa erbacea gradisce un substrato ricco di humus e di umidità.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’esposizione che risulta più gradita alla mirride è quella a mezz’ombra, ma questa erbacea sopporta anche il sole.
RIPRODUZIONE: La riproduzione della mirride avviene per semina; i semi vanno sempre interrati in autunno, in quanto necessitano di qualche mese di temperatura rigida prima di essere pronti a vegetare.
CRESCITA: Ogni cespo desidera poter godere di un certo spazio: tra una pianta e le successive conviene dunque lasciare circa mezzo metro di terreno.
RACCOLTA: Le foglie si possono raccogliere in qualunque momento, a seconda delle necessità. La radice va dissotterrata in autunno, al termine del periodo vegetativo.
CONSERVAZIONE:Una volte essiccate all’ombra le foglie e i fiori di achillea si conservano in scatole o vasi a chiusura ermetica.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Tutte le parti di questa erbacea, foglie, semi e radici, sono commestibili: le foglie si aggiungono alle insalate, alle minestre e alle frittate; inoltre alla frutta cotta, in quanto ne diminuiscono l’acidità, e alle confetture in modo da poter diminuire il quantitativo di zucchero. La foglia della mirride ha un sapore dolce, anisato, e viene usata in sostituzione del cerfoglio quando occorre un aroma più deciso. I semi acerbi, da consumare crudi, uniti alle macedonie, vanno colti in primavera inoltrata, mentre sono ancora verdi; quelli maturi si uniscono, interi, all’impasto delle torte di mele. La radice si pela, si trita e si serve cruda per accompagnare i fritti, oppure si lessa, si affetta e si serve fredda con un filo d’olio, come qualunque verdura.
BELLEZZA: L’achillea combatte la tendenza della pelle ad arrossarsi e la couperose; per ottenere un tonico con queste caratteristiche è necessario lasciare in infusione per mezz’ora fiori e foglie di achillea in mezzo litro d’acqua, immergere nell’infuso una garza e applicarla quindi sulla pelle del viso per un quarto d’ora.
IN CASA:Dai semi di freschi e teneri di mirride, schiacciati in un mortaio, si ottiene una sostanza profumata da porre in un panno e strofinare sui mobili: essa infatti costituisce un’ottima cera per trattare il legno.
SALUTE: Il decotto di radice di mirride, al 3%, assunto nella quantità di tre bicchieri al giorno, favorisce la diuresi.
CURIOSITA’:
Il nome mirride è un chiaro riferimento alle proprietà della pianta, in quanto deriva dal termine greco myron che significa “profumo”. Le foglie della mirride hanno infatti un gradevole aroma di anice, di mirra e di muschio.
NOME SCIENTIFICO:
Myrtus communis
FAMIGLIA:
Myrtus communis
DESCRIZIONE:
Il mirto, detto comunemente mortella, è un elegante arbusto sempreverde, non spinoso e dal portamento compatto, che raggiunge facilmente i due metri d’altezza. Benché gli appartenenti alla sua famiglia siano migliaia il mirto è l’unico componente delle mirtacee ad essere presente in Europa, gli altri esemplari sono infatti diffusi in Australia e nelle regioni tropicali.
FOGLIE: Le graziose foglie del mirto, coriacee e persistenti, sono di forma ovate o ovato-lanceolate e hanno margine intero; le loro dimensioni si aggirano attorno ai quattro centimetri di lunghezza e il loro verde è particolarmente brillante. Quando vengono schiacciate, o frantumate, le foglie di questo arbusto emettono una gradevole fragranza che rievoca il profumo dell’arancio ed è dovuta alla presenza del mirtenolo, un olio dotato di proprietà balsamiche.
FIORI: I fiori bianco crema, dotati di vistosi stami dorati, sbocciano da giugno a settembre, sono solitari, molto leggeri d’aspetto, semplici di forma, deliziosamente profumati.
FRUTTI:I frutti del mirto maturano in autunno, sono piccole bacche ovoidali di colore nero-violaceo e di consistenza carnosa che risultano gradite agli uccelli.
HABITAT:
L’Asia e l’Africa sono probabilmente le terre d’origine del mirto, ma oggi esso è spontaneo in quasi tutta l’area mediterranea, dal livello del mare fino a circa 500 metri d’altitudine. Il mirto prospera ove il clima è mite, sopporta bene la siccità ma teme il gelo; predilige un substrato sabbioso, ben sciolto e permeabile. Questo arbusto dall’aspetto decisamente decorativo può venire coltivato anche in vaso.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Il mirto ama il sole e desidera un’esposizione aperta e arieggiata. Dove le temperature invernali scendono al di sotto dello zero il mirto va messo a dimora in posizione riparata o va protetto nei mesi più freddi.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione del mirto avviene solitamente per margotta; un altro valido sistema riproduttivo, da applicare nel periodo estivo, consiste nello staccare talee di rami dell’anno. Chi invece vuol procedere alla semina può farlo in settembre, usando un substrato ricco e leggero.
CRESCITA:Le nuove piante, comunque ottenute, si mettono a dimora nel secondo anno e finché sono giovani è importante innaffiarle con regolarità. Un’altra necessaria cura iniziale consiste nell’ombreggiare le piantine con stuoie nei primi mesi dopo la messa a dimora. I cespugli di mirto sopportano di venire potati in forme obbligate.
RACCOLTA:I fiori si raccolgono in luglio-agosto, nel momento in cui sbocciano; le foglie durante tutto l’anno; le bacche in autunno.
CONSERVAZIONE: Fiori, foglie e bacche, dopo averli essiccati al sole, si conservano in scatole dotate di una buona chiusura.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie e le bacche del mirto sono molto usate, in tutta l’area mediterranea, per insaporire i piatti di carne e pesce. Un altro uso del mirto consiste nell’impiegarlo per aromatizzare vini e liquori. Una bevanda balsamica adatta alle giornate più fredde è infine il tè al mirto, che si ottiene ponendo poche foglioline di mirto nella teiera insieme alla solita miscela di tè. BELLEZZA:: L’essenza tratta dai fiori di mirto è molto usata in profumeria e cosmetica, e costituisce la nota Acqua degli angeli che possiede spiccate proprietà tonificanti e astringenti ottime per l’epidermide. Anche un decotto di foglie di mirto aggiunto all’acqua del bagno, o frizionato direttamente sulla pelle, svolge un’azione tonificante. SALUTE:: Il decotto di foglie di mirto (mezzo pugno di foglie lasciate bollire per dieci minuti in mezzo litro d’acqua) addolcito con miele e bevuto a cucchiaiate nel corso della giornata è utile nel caso di infiammazioni delle vie respiratorie, catarri e bronchiti. Un decotto di foglie e fiori, fatti bollire per una ventina di minuti, applicato esternamente esercita un’azione decongestionante sulla pelle e sulle mucose della bocca, è indicato inoltre nelle infiammazioni della vagina.
CURIOSITA’:
Fino dall’antichità il mirto, per la sua indubbia bellezza, è stato consacrato alle divinità dell’amore e dedicato a Venere. Questo arbusto fu molto amato sia dai Greci che dai Romani: un serto di mirto incoronava i vincitori delle gare e i poeti. I suoi fiori, ritenuti per tradizione beneauguranti, erano presenti nel bouquet nuziale.
NOME SCIENTIFICO:
Nepeta cataria, nota anche come cataria o erba gattaia e N. mussinii, detta calamento o nepitella.
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
La Nepeta cataria, conosciuta come erba gattaia è un’erbacea perenne di buon valore ornamentale i cui cespi per il profumo deciso che emanano sono molto amati dalle api e dai gatti che solitamente vi si coricano sopra. Questa erbacea è frequente nell’Italia settentrionale; la N. mussinii, cioè la nepitella è comune in tutta la penisola e in Sicilia, si può coltivare con successo in vaso anche in casa.
FUSTO: I fusti della N. cataria sono eretti, a sezione quadrata, ramificati. Possono raggiungere anche un metro di altezza; anch’essi emanano l’aroma di menta tipico della specie. I fusti della N. mussinii raggiungono invece solo una quarantina di centimetri di sviluppo.
FOGLIE: Ovali acute, opposte, cioè disposte a due a due lungo gli steli, con i margini nettamente dentati, di un verde che tende al grigio, così sono le foglie della N. cataria, il cui odore piace tanto ai gatti e allontana invece i topi. Quelle della nepitella sono uguali per forma e disposizione, più piccole per dimensioni e formano cespi ben compatti.
FIORI: I fiori della N. cataria sono bianchi o rosa pallido, riuniti come quelli della nepitella, che presentano invece un colore blu-lavanda, a formare piccole spighe apicali. Essi appaiono dalla primavera avanzata fino all’autunno e risultano particolarmente graditi alle api.
HABITAT:
Il terreno dove in cui si desideri far crescere la Nepeta deve possedere un buon drenaggio.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Sia una posizione soleggiata sia una a mezz’ombra sono gradite a queste piante.
RIPRODUZIONE: In primavera si può procedere alla semina, che è meglio avvenga direttamente in terra, in quanto se le piante vengono trasportate l’aroma che fuoriesce da eventuali radici spezzate attrae i gatti che devastano le piantine. Sempre in primavera si può procedere alla divisione dei cespi. Una volta avvenuta la ripresa vegetativa è il momento di staccare eventuali talee.
CRESCITA: Tra un cespo e il successivo è bene lasciare una trentina di centimetri di terreno libero, quindi nel caso della semina occorre solitamente sfoltire le giovani piantine.
RACCOLTA: Le foglie e i fiori della Nepeta vanno raccolti durante il periodo della fioritura.
CONSERVAZIONE:L’intera pianta si conserva in contenitori ben chiusi dopo averla fatta essiccare.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: I germogli più teneri si possono unire alle insalate miste. Con le foglie della cataria si insaporiscono le carni, in particolar modo quelle di maiale; con quelle della nepitella i piatti a base di pesce e le verdure, in particolare funghi e carciofi.
BELLEZZA: L’achillea combatte la tendenza della pelle ad arrossarsi e la couperose; per ottenere un tonico con queste caratteristiche è necessario lasciare in infusione per mezz’ora fiori e foglie di achillea in mezzo litro d’acqua, immergere nell’infuso una garza e applicarla quindi sulla pelle del viso per un quarto d’ora.
SALUTE: La Nepeta è una efficace pianta medicinale, il suo infuso costituisce un blando sedativo, simile alla valeriana, e viene tradizionalmente bevuto per favorire il sonno. Esso può risultare utile nella cura delle coliche infantili, dei mal di testa causati da cattiva digestione, e anche nei raffreddori, è inoltre assunto per placare la tosse e negli stati febbrili.
NOME SCIENTIFICO:
Origanum vulgare
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
L’origano è un’erbacea perenne rustica che a maturità diviene semiarbustiva ed è sempreverde nei luoghi ove il clima è mite.
FUSTO: Da una base legnosa dal portamento prostrato, si sviluppano i tipici fusti a sezione quadrangolare e di colore verde rossastro che possono superare il mezzo metro di altezza; alcuni di essi portano solo foglie, mentre altri sostengono l’infiorescenza.
FOGLIE:Le foglie dell’origano sono molto aromatiche e profumano di pepe, il loro colore è un bel verde intenso, la forma ovale, con l’apice appuntito.
FIORI: Di colore rosa o bianchi i fiori appaiono in estate e sono raccolti in pannocchie tondeggianti poste in cima agli steli. Le infiorescenze diffondono un profumo intenso che impregna l’aria e attira le api, sono inoltre cibo gradito dagli uccelli.
HABITAT:
L’origano cresce spontaneo sulle colline dei paesi mediterranei, lungo le siepi e nelle radure boschive ben soleggiate, fino a circa 2000 metri d’altitudine. Predilige un terreno asciutto, sassoso, calcareo.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Generalmente quest’erba ama una posizione calda e soleggiata, ove acquista maggior aroma, ma le varietà con foglie variegate o arricciate desiderano la mezz’ombra, e seccano se esposte al sole pieno.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione dell’origano può avvenire per divisione dei cespi, per talea o eventualmente per semina: tutte queste operazioni vanno effettuate in primavera inoltrata, quando la temperatura è stabile e decisamente mite. Se si sceglie di seminare è bene sapere che i semi non vanno ricoperti, ma solo pressati nel terreno, e che la germinazione può richiedere molto tempo.
CRESCITA:Ogni pianta desidera avere tutt’attorno circa una trentina di centimetri di spazio libero. E’ consigliabile non concimare troppo il terreno: si otterrebbe un cespo molto sviluppato, ma poco aromatico. L’origano si adatta alla coltivazione in vaso.
RACCOLTA: Le foglie si raccolgono, a seconda delle necessità, in ogni stagione, ma, se si devono conservare, il momento migliore per raccoglierle è prima che si aprano i fiori. Le sommità fiorite vanno invece colte tra giugno e agosto, nel momento in cui la maggior parte dei fiori è schiusa. Gli steli vanno tagliati una quindicina di centimetri al di sotto dell’infiorescenza, dove sono ancora verdi e non legnosi.
CONSERVAZIONE:I rametti devono essiccare all’ombra, in luogo ventilato, così facendo l’aroma, anziché perdere forza, si intensificherà.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Il sapore dell’origano è tipico della cucina mediterranea: si usa, mescolato spesso con l’aglio, per insaporire pizze, pomodori, uova, carni e formaggi. Se si desidera comunicare ai cibi arrostiti solo un leggero profumo si possono bruciare rametti di origano sul barbecue.
BELLEZZA:Un infuso di quest’erba aggiunto all’acqua del bagno ha potere rilassante; usato per lavare i capelli li rinforza.
SALUTE: Con l’origano, le cui proprietà terapeutiche erano conosciute e apprezzate già dagli Egizi, si fanno infusi per curare la tosse, le emicranie di origine nervosa, i disturbi dello stomaco, la depressione malinconica e il mal di mare. Un impiastro di origano allevia i dolori del torcicollo e esercita un’azione antinfiammatoria.
CURIOSITA’:
Il nome di questa pianta deriva dalla lingua greca ove “oros ganos” significa “gioia della montagna”, appellativo che appare comprensibilissimo a chiunque abbia sentito i pendii di intere colline esalare il suo inconfondibile e intenso profumo. I Greci incoronavano gli sposi con ghirlande di origano, in quanto esso era ritenuto simbolo di felicità.
NOME SCIENTIFICO:
Urtica urens, ortica comune, annuale- Urtica dioica, ortica perenne
FAMIGLIA:
Urticacee
DESCRIZIONE:
L’ortica è un’erbacea tipica dei luoghi, siti nelle zone temperate, ove è presente nel terreno molto materiale organico in decomposizione. Sia il fusto che le foglie delle ortiche sono ricoperte da una fitta peluria contenente un liquido caustico che provoca, per contatto, arrossamento e bruciore cutaneo: ciò forse ha determinato il disprezzo che attualmente circonda questa pianta in realtà benefica. Dove son presenti le ortiche infatti il terreno viene arricchito e le piante vicine prosperano, inoltre se delle ortiche vengono aggiunte al cumulo del concime ne accelerano la maturazione
FUSTO: I fusti a sezione quadrata dell’Urtica dioica, l’ortica perenne, si ergono diritti fino a oltre un metro e mezzo d’altezza, quelli dell’ortica comune, l’Urtica urens, superano invece di poco il mezzo metro. Di solito non sono ramificati, lo diventano se vengono cimati.
FOGLIE:Picciolate, cuoriformi alla base, ma con l’apice acuto, presentano margini dentellati e finemente incisi e sono ricoperte da peli detti appunto urticanti. Per il loro gusto delicato e le virtù depurative le foglie dell’ortica, che sbollentate perdono il temibile potere irritante, meriterebbero d’essere più apprezzate in cucina.
FIORI:Non hanno alcun valore decorativo i minuscoli fiori riuniti in piccole spighe inserite nell’ascella fogliare.
HABITAT:
Le ortiche crescono ovunque, ma prediligono un substrato ricco di sostanze azotate, per cui vegetano particolarmente bene in prossimità di casolari, ai piedi dei muri e nei pressi delle concimaie.
COLTIVAZIONE:
Non è necessario coltivare le ortiche: esse da millenni seguono l’uomo nei suoi spostamenti e se tagliate rivegetano prontamente dai rizomi. Chi però lo desidera può piantarne un ciuffo vicino ai cespugli di ribes, che ne trarranno vigore, o in un angolo dell’orto, per averne sempre una piccola, ma comoda scorta a disposizione.
RACCOLTA: I getti giovani freschi sono i migliori in cucina, in quanto più teneri e anche in campo medico, perché il loro potere curativo è massimo: il momento migliore per coglierli è dopo una pioggia, il periodo più adatto è la primavera (quando conviene anche farne una buona scorta per l’inverno), o l’autunno quando, dopo il taglio del fieno, crescono i nuovi getti. Naturalmente data la caratteristica di queste piante è necessario munirsi di forbici e guanti.
CONSERVAZIONE: Le ortiche si fanno essiccare all’ombra, poi si conservano in scatole dotate di buona chiusura. Una volta secche perdono il loro potere irritante.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le ortiche sono usate in cucina da sempre: si lessano come fossero spinaci; si aggiungono alla minestra; si cuociono con il riso o si impastano con le patate per fare delicati e saporiti gnocchi; sono ottime anche nelle frittate; messe in infusione con qualche foglia di menta danno una tisana che può venire bevuta al posto del tè. Per le caratteristiche nutrizionali le ortiche risultano essere un ottimo mangime per galline, conigli e mucche, a cui vengono date sia fresche, dopo essere stata immerse per un giorno in acqua bollente, sia essiccate.
BELLEZZA: Gli shampoo all’ortica comunemente in commercio rinforzano i capelli rendendoli più forti e lucenti; chi desiderasse far da sé può lavare la testa ogni settimana con un infuso di foglie d’ortica e risciacquarli con un infuso di radici.
SALUTE: L’ortica è una delle più importanti piante medicinali ma non una delle più apprezzate, in quanto le sue virtù non sono universalmente note. Il suo potere depurativo è notevolissimo, inoltre essa contiene ferro per cui esercita una funzione antianemica ed è particolarmente indicata per una cura primaverile consistente nel bere una tisana di germogli alla mattina prima di colazione e un’altra tazza, sempre a piccoli sorsi, durante il giorno. Per mantenere intatti i principi attivi della pianta è bene solo scottare i germogli, senza farli bollire a lungo. Un cucchiaino di germogli d’ortica è sufficiente per un quarto di litro d’acqua: dopo una breve infusione si può bere senza zuccherare, chi lo desidera può aggiungere nell’acqua dell’infuso un po’ di menta o di camomilla per migliorare il sapore. Oltre a curare stanchezza e mal di testa l’ortica possiede virtù emostatica, come si può vedere facilmente se, in caso di epistassi, si introduce nella narice sanguinante un batuffolo di cotone imbevuto del suo succo.
CURIOSITA’:
In un quadro di Albrecht Durer, famoso pittore e incisore tedesco della fine del Quattrocento, è rappresentato un angelo che offre al Creatore niente meno che un’ortica. Quale migliore testimonianza potremmo desiderare del prestigio che già allora circondava quest’erba?
NOME SCIENTIFICO:
Capsicum annuum, peperoncino piccante – Capsicum frutescens, perenne
FAMIGLIA:
Solanacee
DESCRIZIONE:
Il Capsicum annuum, simile per l’aspetto a una pianta di peperone in miniatura, è annuale alle nostre latitudini ma pluriennale nelle zone d’origine. Da sempre apprezzato (soprattutto nei paesi caldi) per i frutti commestibili e saporitissimi è gradito anche per il suo valore ornamentale: i frutti oblunghi o globosi, vivacemente colorati, donano infatti all’ambiente una decisa nota di allegria. Grazie alla maturazione scalare si possono avere sulla stessa pianta frutti di due o tre colorazioni diverse. I peperoncini possono essere coltivati in piena terra o in vaso, purché con terra soffice e arricchita.
FUSTO: Da un fusto legnoso si dipartono rami eretti e rigidi: il peperoncino è un piccolo albero in miniatura.
FOGLIE:Le foglie del Capsicum annuum sono ovali e appuntite, lucide; quelle del Capsicum frutescens sono pure ovali, ma hanno cinque punte.
FIORI:Sono bianchi con il centro di un bel giallo arancio e appaiono in estate.
FRUTTI: Sono dei piccoli peperoni in miniatura i frutti coriacei e commestibili, che hanno colore verde quando sono acerbi, giallo, rosso vivo, viola, porpora o marrone quando giungono a maturazione. Si consumano sia freschi che secchi e hanno proprietà stimolanti, antisettiche e digestive.
HABITAT:
Luoghi d’origine del peperoncino sono i tropici e le regioni subtropicali, ove esso viene coltivato a scopo commerciale e dove la varietà Capsicum frutescens supera il metro d’altezza; da noi invece le piante di peperoncino non sono rustiche, temono sia l’eccesso di calore che il gelo. Possono essere alte da una quindicina di centimetri a poco meno di un metro.
COLTIVAZIONE:
Questa pianta molto adattabile non presenta particolari difficoltà di coltivazione: attenzione però agli sbalzi di temperatura e all’eccesso di innaffiature.
ESPOSIZIONE: Il peperoncino ama un’esposizione in pieno sole.
RIPRODUZIONE: Si effettua la semina in primavera avanzata o all’inizio dell’estate, quando le temperature non scendono più sotto i 15°. I semi vanno ricoperti con cura, con almeno un centimetro di terra, in quanto gli uccelli ne sono golosi.
CRESCITA: Le piantine vanno trapiantate quando sono alte una quindicina di centimetri; tra un cespo e il successivo è bene lasciare almeno una trentina di centimetri. Come norma generale può risultare interessante sapere che se si desiderano frutti decisamente piccanti è bene ridurre le annaffiature, mentre se li si preferisce delicati conviene abbondare con l’acqua. E’ bene tenere presente che il Capsicum non ama gli opposti estremismi e quindi teme sia la siccità che l’umidità eccessiva, gradisce un terreno fresco, ma non intriso d’acqua. Per quanto riguarda la concimazione, pratica da cui dipende la colorazione dei frutti, è bene concimare spesso usando però una quantità di concime ridotta rispetto a quella consigliata.
RACCOLTA: I frutti si raccolgono in autunno, quando la pianta perde le foglie; se si tagliano interi rami e si mettono a seccare capovolti si possono poi usare nelle composizioni floreali.
CONSERVAZIONE:I peperoncini possono venire conservati in diversi modi: interi, dopo essere stati ben essiccati al sole; macinati in polvere fine, dopo essere stati tenuti per poco nel forno tiepido quindi posti in vasetti a chiusura ermetica. Se ne possono mettere alcuni in una bottiglia d’olio e lasciarveli per un mese, in modo che comunichino aroma e colore. Infine se vengono colti verdi e messi sotto aceto si conservano a lungo e si mangiano in insalata.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Il gusto deciso e piccante del peperoncino è l’ideale per ravvivare qualunque pietanza un po’ scialba, ma, a differenza del pepe, il peperoncino non ha controindicazioni, anzi è benefico per l’organismo. La salsa messicana detta tabasco, famosa almeno quanto è piccante, ha come ingrediente base il Capsicum frutescens mischiato ad aceto e a sale.
SALUTE: Il peperoncino favorisce la digestione stimolando la secrezione gastrica, agisce come disinfettante, è particolarmente ricco di vitamina C (ma per sfruttare questa sua virtù occorre consumarlo fresco).
CURIOSITA’:
Pare che ad introdurre sulle mense europee questa piccante spezia, che è tuttora la più diffusa in tutte le zone tropicali del mondo, sia stato Cristoforo Colombo, di ritorno dall’America Centrale nel 1493. Il nome capsicum (dal greco “kapto”, cioè “mangio con avidità”) che venne attribuito da Linneo a questa pianta sta appunto ad indicare l’enorme successo che il peperoncino, a differenza del pomodoro e della patata che dovettero attendere parecchio prima di essere ben accetti, ebbe subito in Spagna e in tutta Europa.
NOME SCIENTIFICO:
Petroselinum sativum, prezzemolo comune, Petroselinum crispum, prezzemolo riccio
FAMIGLIA:
Ombrellifere
DESCRIZIONE:
Il prezzemolo è una pianta erbacea rustica che nel suo primo anno di vita produce un bel ciuffo di foglie decorative, profumate e commestibili, sorrette da robusti steli alti anche una quarantina di centimetri; quest’erba è perenne quando è spontanea, biennale se coltivata.
FUSTO: Una robusta radice a fittone sostiene un fusto eretto, ramificato, di colore verde scuro, commestibile
FOGLIE:Le belle foglie, sempre finemente incise, possono essere piatte o arricciate a seconda della varietà; sono molto ricche di vitamine A, B e C e di sali minerali.
FIORI:Sbocciano solo nel corso del secondo anno di coltivazione, sono riuniti in ombrelle e il loro colore è bianco tendente al verde.
FRUTTI: I piccoli semi del prezzemolo contengono sostanze che possono risultare tossiche.
HABITAT:
Questa erbacea originaria dell’Africa settentrionale e dell’Asia Minore, predilige i luoghi freschi e i terreni fertili e ben drenati; non vegeta bene nei terreni troppo compatti, che vanno quindi lavorati a fondo prima della semina.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Si può coltivare sia in pieno sole che a mezz’ombra
RIPRODUZIONE: Il prezzemolo si semina da primavera alla fine dell’estate; se la temperatura è bassa germina lentamente, in circa un mese, se è ideale (cioè attorno ai 18°) impiega una quindicina di giorni. Per favorire la germinazione risulta utile porre i semi per una notte in acqua calda prima della semina. E’ indispensabile tener costantemente umido il terreno durante la germinazione.
CRESCITA: E’ consigliabile evitare il trapianto delle piantine, e limitarsi a sfoltire quelle in eccesso lasciando una ventina di centimetri tra un cespo e il successivo. Dalla primavera all’autunno, dopo aver effettuato la raccolta dei gambi da usare freschi, si consiglia di annaffiare regolarmente i cespi per favorire l’emissione di nuove foglie. Per poter coltivare il prezzemolo nel periodo invernale, quando le temperature raggiungono lo zero, è necessario proteggerlo con teli di plastica.
RACCOLTA: I gambi non vanno mai tagliati alla base, ma un po’ in alto, in modo che si formino nuovi steli. Anche le radici contengono notevoli quantità di aroma, ma possono essere raccolte solo alla fine del ciclo vitale delle piante, cioè nell’autunno del secondo anno di coltivazione.
CONSERVAZIONE:Le foglie quando non si possono consumare fresche, vanno essiccate o congelate.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Questa erba, tritata finemente, insaporisce gradevolmente quasi tutti i piatti della cucina mediterranea e possiede infinite qualità, va però consumata cruda perché non si perdano sapore e benefici, o comunque aggiunta sempre a fine cottura.
BELLEZZA: Per rinforzare i capelli e mantenerli sani è bene sciacquarli con un infuso di prezzemolo. SALUTE: Le foglie crude, se masticate, rinfrescano l’alito e migliorano lo stato di salute della pelle; mentre frullate e ridotte in unguento (con l’aggiunta di un poco di acqua di rose) sono un buon calmante per gli occhi arrossati. Un decotto di radici infine ha un blando effetto lassativo.
CURIOSITA’:
Il prezzemolo era conosciuto e apprezzato già dai Greci e dai Romani che lo usavano per incoronare i vincitori dei giochi, per decorare tombe e aiuole e per i suoi poteri terapeutici.
NOME SCIENTIFICO:
Rheum species
FAMIGLIA:
Poligonacee
DESCRIZIONE:
Il rabarbaro è un’erbacea perenne rustica coltivata, e talora naturalizzata, nelle regioni a clima temperato. Il rizoma di questa pianta, dal caratteristico sapore gradevolmente amaro, ha proprietà aromatiche e medicinali: stimola l’appetito e l’attività digestiva e, a dosi più elevate, esercita una funzione purgativa. Il genere comprende diverse specie che possono sviluppare cespi alti da meno di un metro fino a circa tre metri.
FUSTO: I grossi gambi rossastri e ricchi di succo hanno le stesse proprietà medicinali delle radici; solitamente si usano in cucina ove servono per la confezione di marmellate o vengono canditi.
FOGLIE:Le foglie del rabarbaro sono grandi, di colore verde intenso, in certe varietà con sfumature rosse, sono intere o divise in lobi. Alcune varietà di rabarbaro, e in particolare il Rheum palmatum, hanno grande valore ornamentale proprio grazie alle larghe foglie ben disegnate.
FIORI:In estate sulla cima di steli eretti, molto prominenti rispetto alle foglie, si aprono le pannocchie di fiori giallastri, verdastri o rosso vivo.
HABITAT:
Il rabarbaro è pianta originaria dell’Asia, più precisamente della Cina e del Tibet, ma alcune varietà si sono ben ambientate nelle zone temperate di tutta l’Europa. Il terreno di coltivazione deve essere sciolto e leggero, lavorato in profondità per favorire la crescita dei rizomi.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Sole o mezz’ombra sono le esposizioni predilette da questa pianta: quale sia la più adatta è da valutare in base alla zona climatica in cui avviene la coltivazione.
RIPRODUZIONE: Il metodo di riproduzione più diffuso consiste nella divisione dei cespi che si può effettuare in primavera o in autunno. In primavera si può anche procedere alla semina.
CRESCITA: Quest’erbacea non è esigente, ma teme la siccità, per cui è importante garantire ai cespi innaffiature regolari; inoltre in primavera risulterà gradita una concimazione organica. Le piante di rabarbaro vanno divise circa ogni cinque anni per essere rinnovate e risultare più produttive.
RACCOLTA: Il momento in cui gli steli sono maturi, hanno cioè raggiunto il massimo sviluppo, è alla fine dell’estate.
CONSERVAZIONE: Le radici, ridotte in pezzi, si fanno essiccare. Gli steli si candiscono o si cuociono per fare composte e marmellate.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Qualche gambo di rabarbaro aggiunto alle fragole con cui si prepara la marmellata ne esalta decisamente il sapore che tenderebbe a risultare troppo dolce.
NELL’ORTO:Interrando alcuni pezzi di rabarbaro nel terreno in cui sono state seminate verze e cavoli si allontana un parassita, chiamato Plasmodiophora brassicae, responsabile dell’ernia del cavolo, malattia che porta al deperimento delle piante.
BELLEZZA: Chi desidera dare riflessi color tiziano, cioè ramati, ai capelli senza ricorrere alle tinture, può provare a far macerare nel vino bianco alcuni pezzi di rabarbaro sia freschi che essiccati. Dopo una settimana di macerazione la lozione ottenuta, ben filtrata, andrà passata sui capelli alla fine di ogni lavaggio.
SALUTE: Per ottenere un infuso benefico per il fegato è necessario porre 100 grammi di acqua bollente su 6 grammi di gambi e radici di rabarbaro essiccati e polverizzati e su 2 di bicarbonato di sodio. Dopo aver ben agitato l’infuso lo si lascia raffreddare, lo si filtra e si aggiunge acqua fredda fino ad avere un litro di liquido. Due cucchiai da tavola di questo infuso, assunti prima dei pasti, combattono l’inappetenza e aiutano il fegato.
CURIOSITA’:
Il rabarbaro è pianta antica, pare venisse coltivato in Asia già 2700 anni prima della nascita di Cristo. Ai Greci, che ne facevano grande uso per le sue virtù medicinali, dobbiamo il nome attuale: essi infatti al sostantivo “ra”, che indicava in greco quest’erbacea, aggiunsero l’aggettivo “barbaron” in riferimento al fatto che veniva coltivata in terre barbare.
NOME SCIENTIFICO:
Armoracia rusticana
FAMIGLIA:
Crocifere
DESCRIZIONE:
Questa è un’erba perenne, rigogliosa al punto da divenire facilmente infestante, le cui grandi foglie si innalzano fino a un metro d’altezza e formano in un paio d’anni un grosso cespuglio.
RADICE:Questa è la parte più interessante della pianta e viene di norma raccolta, pur essendo il rafano una perenne, alla fine del primo anno di coltivazione; d’aspetto bianco giallastro, corpose, ma soprattutto allungate, le radici del rafano hanno sapore molto pungente, simile a quello della senape, e costituiscono un condimento molto sano.
FOGLIE:Le grandi foglie allungate, di un bel verde brillante, in primavera, cioè quando sono tenere, sono ottime per insaporire le insalate.
HABITAT:
La terra d’origine di quest’erba aromatica pare sia la penisola balcanica.
COLTIVAZIONE:
La coltivazione è semplicissima in quanto il rafano si adatta a qualunque tipo di terreno, purché sia lavorato in profondità.ESPOSIZIONE: Il rafano predilige una posizione soleggiata.
RIPRODUZIONE: Moltiplicare questa pianta non presenta difficoltà: è sufficiente sotterrare verticalmente, a circa cinque centimetri di profondità, una porzione di radice lunga una decina di centimetri. Questa operazione va eseguita in primavera o in autunno
CRESCITA: Il rafano non si adatta alla coltivazione in vaso all’interno e desidera essere sfoltito quando si infittisce eccessivamente.
RACCOLTA: Le radici vanno raccolte di preferenza in autunno e, poiché penetrano nel terreno anche per una trentina di centimetri, per estrarle è necessario scavare con una vanga.
CONSERVAZIONE: Solitamente le radici, una volta ben pulite, vengono messe in aceto di vino bianco sia intere, che grattugiate o affettate, ma possono anche venir congelate, conservate nella sabbia in un locale non riscaldato, oppure essiccate.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Il sapore piccante di questa radice è particolarmente apprezzato nell’Europa centro-settentrionale, ma merita di essere riscoperto ovunque per le sue ottime proprietà. Il rafano accompagna magistralmente i bolliti, ma si adatta a insaporire qualunque piatto, stimola la digestione ed esercita una funzione protettiva sull’intestino.
BELLEZZA:Il succo della radice, mischiato con aceto di vino bianco, scolorisce le lentiggini. SALUTE: La radice appena raccolta contiene calcio, magnesio, sodio e vitamina C, inoltre possiede proprietà antibiotiche e depurative.
CURIOSITA’:
I benefici del rafano non terminano qui: Le foglie tagliate finemente e mischiate al cibo dei cani hanno azione vermifuga e agiscono come ricostituente. Sempre le foglie, bollite, producono una tintura di color giallo intenso. Per gli appassionati di agricoltura: se i cespi di rafano vengono piantati accanto alle patate si otterranno tuberi più forti e resistenti, infine, con l’infuso di radici, diluito con tre parti d’acqua, andrebbero irrorati i meli allo scopo di tenere lontani, in modo naturale, i parassiti.
NOME SCIENTIFICO:
Rosmarinus officinalis
FAMIGLIA:
Lamiacee/Labiate
DESCRIZIONE:
Arbusto legnoso, sempreverde, originario del bacino del Mediterraneo.
FUSTO:Eretto o spesso sdraiato alla base e poi ascendente; è molto ramificato; a partire dal secondo anno di vita la parte inferiore del tronco presenta una corteccia che si sfoglia in strisce longitudinali di colore marrone scuro.
FOGLIE:Piccole,resinose e aghiformi; di colore verde scuro nella parte superiore che si presenta lucida e con i bordi ripiegati verso il basso, e di colore biancastro sulla superficie inferiore, leggermente vellutata. Sessili e riunite nei rametti più giovani,sono inserite a due a due nei nodi.
FIORI: Piccoli e di colore azzurro o violetto chiaro a seconda delle specie; sbocciano in vari periodi dell’anno in relazione al clima.
FRUTTI:Composti da quattro piccoli semi oleosi di colore bruno, racchiusi nel fondo del calice persistente.
HABITAT:
Allo stato spontaneo cresce in tutte le regioni del bacino del Mediterraneo; comunemente viene coltivato anche in vaso.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Soleggiata: la pianta necessita calore e luminosità per produrre in abbondanza l’olio essenziale che costituisce il principio attivo medicinale. Proteggere dai venti freddi: nei luoghi freddi coltivare in un grande vaso: collocare all’aperto in piena terra d’estate e riportare in serra o in ambiente esposto al sole in inverno.
RIPRODUZIONE: Seminare in primavera in serra e d’estate all’aperto in terreno ben drenato: nei terreni calcarei e la pianta è più piccola ma più odorosa. La germinazione è difficile: si propaga meglio per talea o margotta.
RACCOLTA: Coltivato per poterne usufruire in piccole quantità durante tutto l’anno, per l’essiccazione prelevare i rametti freschi in periodo estivo o prima della fioritura.
CONSERVAZIONE:Lasciare essiccare i rametti freschi rapidamente in ombra; togliere le foglie prima di riporle in recipienti di vetro o porcellana; per restituire l’aroma alle foglie essiccate, sminuzzarle appena prima dell’uso.
PROPRIETA’:
Aromatizzanti, aperitive, digestive, antispasmodiche, diuretiche, balsamiche, antisettiche, rubefacenti, stimolanti.
IN CUCINA: Utilizzato il fiore per aromatizzare l’insalata, le foglie fresche o essiccate in aggiunta a numerosi piatti, specie carni di maiale o vitello e verdure miste al forno. I rametti, bruciati nel barbecue, ne tengono lontani gli insetti. Utilizzato anche come dessert: candito, polverizzato di zucchero e con crema, in aggiunta alla macedonia di frutta, o per la preparazione di liquori.
BELLEZZA: Grazie alle sue proprietà toniche e di stimolatore per la circolazione, vene utilizzato per la preparazione di detergenti, creme, dentifrici, colluttori, per risciacqui del cuoio capelluto.
SALUTE: Per uso interno il Rosmarino ha proprietà digestive, antispasmodiche e carminative: stimola la diuresi e la sudorazione, regola il ciclo mestruale, fluidifica la secrezione bronchiale, seda le tossi convulse; per uso esterno è efficace contro dolori reumatici e artritici.
CURIOSITA’:
Il nome latino è ROS MARINUS, che sembrerebbe significare “rosa o rugiada del mare”; in realtà deriva dal greco, dai termini RHOPS, che significa “arbusto” e MYRINOS, che significa “aromatico. Il Rosmarino è una delle più note piante aromatiche, nota e largamente utilizzata in cucina e come pianta medicinale sin dai tempi dei Greci e dei Romani. Si racconta avesse fama di rinforzare la memoria e per questo fu considerata simbolo di fedeltà per gli innamorati, e utilizzata come ornamento per le corone che portavano le spose durante le cerimonie nunziali. Una leggenda narra che un arbusto di Rosmarino offrì riparo alla Vergine Maria durante la fuga in Egitto, e poiché Ella appese alla pianta il proprio manto, i fiorellini bianchi divennero azzurri. Le aromatiche piante di Rosmarino non potevano mancare nei ricchi orti medioevali, e sin dal Seicento veniva utilizzato anche come pianta ornamentale, tosandola artisticamente a seconda dei gusti.Riconosciute fin dai tempi più antichi anche le sue proprietà terapeutiche: i rametti essiccati venivano bruciati nelle stanze degli ammalati per purificare l’aria i rametti freschi venivano appesi nei tribunali per proteggere dalle “febbri delle prigioni”; durante le epidemie di peste era solito riporre qualche rametto nelle impugnature dei bastoni da passeggio e nelle tasche per poterlo annusare attraversando le zone infette o sospette. Ancora oggi in alcuni paesi del Mediterraneo è consuetudine lasciare asciugare il bucato sul Rosmarino, affinché il sole ne estragga l’aroma che ha proprietà antitarme.
NOME SCIENTIFICO:
Eruca sativa
FAMIGLIA:
Crucifere
DESCRIZIONE:
La rucola è un’erbacea annuale rustica che, per il gusto piccante e gradevole delle sue foglie, Š ottima da aggiungere alle insalate o alle verdure cotte, che divengono così più gustose e anche più digeribili.
FOGLIE: Le foglie di questa erba sono disposte alternativamente lungo lo stelo e hanno forma oblunga di lancia; le superiori sono più strette delle inferiori. Esse hanno un odore caratteristico e un sapore decisamente acidulo che, più lieve a primavera, si intensifica poi con l’avanzare delle stagioni. Le foglie dell’acetosa contengono vitamine, in particolare vitamina C, e sali minerali. Le foglie della rucola, lanceolate per forma, hanno colore verde pallido e si dipartono da fusti glabri e molto ramificati; quelle poste alla base del cespo sono profondamente incise.
FIORI:I minuscoli fiori di quest’erbacea son formati da quattro petali solitamente bianchi o di colore paglierino e si innalzano su steli sottili.
HABITAT:
La rucola cresce spontanea nell’Italia mediterranea, dal livello del mare e fino agli 800 metri d’altezza; il suo substrato prediletto è ben sciolto e sabbioso. La coltivazione della rucola può venir effettuata anche in contenitori.
COLTIVAZIONE:
Il ciclo vegetativo di questa erba è molto breve: dal momento della semina, che si effettua a primavera direttamente in piena terra, al completamento del ciclo vitale trascorrono spesso solo poche settimane.
ESPOSIZIONE: La rucola cresce bene in pieno sole come in leggera ombra, purché sia posta al riparo dai venti. In condizioni climatiche ideali talora le piante mantengono la vegetazione anche in inverno.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:La rucola si usa cruda aggiunta alle insalate; appena lessata si unisce alla pastasciutta, al riso, alle uova sode, ai ripieni di carne e alle minestre di verdura.
SALUTE::Quest’erba, ricca di vitamina C, presenta valide proprietà antiscorbutiche, inoltre stimola l’appetito, favorisce la digestione, risulta benefica per il fegato e combatte la presenza di gas nell’intestino. Un pugno di foglie di rucola, un pizzico di foglie di menta e poche cime fiorite di santoreggia, poste in infusione in una tazza d’acqua bollente, forniscono una bevanda tonificante e rasserenante.
CURIOSITA’:
La Diplotaxis, cioè la ruchetta selvatica perenne, della quale esistono diverse varietà, è un’altra crucifera che merita di venire coltivata nell’aiuola delle aromatiche. Le sue foglie che emettono un odore penetrante, hanno lo stesso sapore di quelle della rucola e trovano anch’esse impiego in molte ricette. Per mantenere al cespo di ruchetta selvatica un aspetto compatto è importante cimarlo regolarmente e soprattutto impedirne la fioritura recidendo i lunghi steli fioriferi prima che vadano in fiore.
NOME SCIENTIFICO:
Eruca sativa
FAMIGLIA:
Crucifere
DESCRIZIONE:
La rucola è un’erbacea annuale rustica che, per il gusto piccante e gradevole delle sue foglie, Š ottima da aggiungere alle insalate o alle verdure cotte, che divengono così più gustose e anche più digeribili.
FOGLIE: Le foglie di questa erba sono disposte alternativamente lungo lo stelo e hanno forma oblunga di lancia; le superiori sono più strette delle inferiori. Esse hanno un odore caratteristico e un sapore decisamente acidulo che, più lieve a primavera, si intensifica poi con l’avanzare delle stagioni. Le foglie dell’acetosa contengono vitamine, in particolare vitamina C, e sali minerali. Le foglie della rucola, lanceolate per forma, hanno colore verde pallido e si dipartono da fusti glabri e molto ramificati; quelle poste alla base del cespo sono profondamente incise.
FIORI:I minuscoli fiori di quest’erbacea son formati da quattro petali solitamente bianchi o di colore paglierino e si innalzano su steli sottili.
HABITAT:
La rucola cresce spontanea nell’Italia mediterranea, dal livello del mare e fino agli 800 metri d’altezza; il suo substrato prediletto è ben sciolto e sabbioso. La coltivazione della rucola può venir effettuata anche in contenitori.
COLTIVAZIONE:
Il ciclo vegetativo di questa erba è molto breve: dal momento della semina, che si effettua a primavera direttamente in piena terra, al completamento del ciclo vitale trascorrono spesso solo poche settimane.
ESPOSIZIONE: La rucola cresce bene in pieno sole come in leggera ombra, purché sia posta al riparo dai venti. In condizioni climatiche ideali talora le piante mantengono la vegetazione anche in inverno.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:La rucola si usa cruda aggiunta alle insalate; appena lessata si unisce alla pastasciutta, al riso, alle uova sode, ai ripieni di carne e alle minestre di verdura.
SALUTE::Quest’erba, ricca di vitamina C, presenta valide proprietà antiscorbutiche, inoltre stimola l’appetito, favorisce la digestione, risulta benefica per il fegato e combatte la presenza di gas nell’intestino. Un pugno di foglie di rucola, un pizzico di foglie di menta e poche cime fiorite di santoreggia, poste in infusione in una tazza d’acqua bollente, forniscono una bevanda tonificante e rasserenante.
CURIOSITA’:
La Diplotaxis, cioè la ruchetta selvatica perenne, della quale esistono diverse varietà, è un’altra crucifera che merita di venire coltivata nell’aiuola delle aromatiche. Le sue foglie che emettono un odore penetrante, hanno lo stesso sapore di quelle della rucola e trovano anch’esse impiego in molte ricette. Per mantenere al cespo di ruchetta selvatica un aspetto compatto è importante cimarlo regolarmente e soprattutto impedirne la fioritura recidendo i lunghi steli fioriferi prima che vadano in fiore.
NOME SCIENTIFICO:
Salvia officinalis
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
Al genere delle salvie appartengono circa 500 specie diverse, molte delle quali sono spontanee nel bacino mediterraneo. Esistono salvie perenni e altre annuali, molte vengono coltivate esclusivamente per il valore decorativo dei loro fiori imbutiformi, che si ergono su alti steli. Gli arbusti di Salvia officinalis, la comune erba salvia, sempreverdi e rustici, solitamente compatti ed eleganti, a pieno sviluppo possono raggiungere anche un metro di altezza.
FUSTO: Dapprima verde e ricoperto da lanugine, il fusto diviene legnoso a partire dal secondo anno di coltivazione.
FOGLIE:Le foglie di salvia hanno forma ovale lanceolata, margini variamente dentellati e comunemente colore grigio verde con riflessi argentei, ma vi sono anche foglie variegate di rosa e di bianco-crema; la loro pagina superiore si presenta spessa e vellutata, quella inferiore ruvida e con nervature molto pronunciate. Se sulle foglie compaiono delle macchie ciò indica una sofferenza del cespo.
FIORI: La Salvia officinalis è un’aromatica che non sfigura accostata alle piante da fiore: i boccioli di un bel azzurro-violaceo appaiono numerosi all’inizio dell’estate. Una delle varietà più apprezzate per la fioritura è la Salvia patens, detta “salvia genziana” per l’intenso colore delle sue tardive infiorescenze azzurre. Molto coltivata è pure la Salvia splendens, dai fiori solitamente di un bel rosso brillante, ma anche bianchi o rosa. Per ottenere una fioritura prolungata da maggio fino a settembre, è consigliabile recidere le infiorescenze appassite.
FRUTTI: Si formano alla base dei fiori e contengono i minuscoli semi ovoidali di colore marrone scuro.
HABITAT:
La salvia è diffusa nelle zone temperate di tutto il mondo, preferisce un terreno soffice, ma si adatta anche a un substrato arido e sassoso; sopporta il gelo, ma dove le temperature scendono di molti gradi sotto lo zero è comunque opportuno proteggere il cespo. La salvia non teme la siccità, ma teme i ristagni d’acqua, in presenza dei quali le sue foglie anneriscono.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Tutte le varietà di salvia gradiscono una posizione soleggiata e calda.
RIPRODUZIONE: Si possono ottenere nuove piante per semina, tramite talee semilegnose prelevate nella tarda primavera o per mezzo della divisione dei cespi da effettuarsi in autunno.
CRESCITA: I cespugli di Salvia officinalis, erba tanto usata in cucina quanto benefica per la salute, desiderano godere di un certo spazio per le loro radici, e se quest’ultime non hanno possibilità di espandersi le foglie si macchiano di giallo. Per ottenere arbusti compatti è bene potarli spesso, ma sempre in modo leggero, cioè senza mai toccare la parte legnosa. Potature esagerate portano al deperimento dei cespi che vanno in genere rinnovati ogni quattro o cinque anni. La salvia si può coltivare in vaso, purché il terriccio sia sabbioso, e anche in appartamento, purché in posizione molto luminosa .
RACCOLTA: Il momento migliore per procedere alla raccolta delle foglie è poco prima della fioritura: l’essiccazione deve avvenire lentamente e all’ombra. Le sommità fiorite vanno colte tagliando anche una porzione erbacea del fusto.
CONSERVAZIONE:Le foglie e i fiori si conservano in barattoli a chiusura ermetica: manterranno così intatte le loro caratteristiche per circa tre anni.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: La Salvia officinalis è molto apprezzata dai cuochi perché aggiunge sapore a molte pietanze e digeribilità alle carni grasse. Di norma si ritiene inutile mischiarla ad altri aromi, in quanto il suo profumo fortemente predominante annulla gli altri. Quest’erba è ideale per aromatizzare il burro o l’aceto. Una ricetta semplice e stuzzicante a base di salvia è la seguente: Si raccolgono le foglie più grandi e, dopo averle lavate e asciugate, si immergono nella pastella per fritture (composta di farina, acqua, olio e un pizzico di sale e da un albume montato a neve) quindi si dorano, ponendole per pochi minuti nell’olio bollente, e si gustano ben calde.
BELLEZZA:Le foglie fresche strofinate sui denti li rendono più bianchi e purificano l’alito. Il decotto di salvia si usa, in fase di risciacquo, per mantenere il colore ai capelli scuri, e picchiettato sulla pelle del viso esercita una funzione detergente e astringente.
SALUTE: Una tisana di Salvia officinalis, ottenuta immergendo qualche foglia fresca in una tazza d’acqua bollente, favorisce la digestione, esercita una funzione antinfiammatoria sul cavo orale e calma gli accessi di tosse. Inoltre diminuisce la sudorazione dovuta a stanchezza, abbassa il livello della glicemia e agisce come antidepressivo.
CURIOSITA’:
Il nome salvia deriva dall’aggettivo latino “salvus” che significa “salvo, sano” e ciò indica che già nell’antichità quest’erba era apprezzata per le sue proprietà medicamentose. Presso i Romani la salvia era ritenuta sacra, era simbolo di vita e anche nel Medioevo si riteneva avesse poteri magici come quello di dare all’uomo la longevità.
NOME SCIENTIFICO:
Sambucus nigra
FAMIGLIA:
Caprifoliacee
DESCRIZIONE:
Il sambuco comune, cioè il Sambucus nigra, è un arbusto perenne e deciduo, molto vigoroso, diffuso nelle zone incolte della penisola italiana dal livello del mare fino a un’altitudine di 1200 metri. Si può dire che ogni casolare, anche abbandonato, abbia nei pressi un arbusto di sambuco, a testimonianza dell’apprezzamento di cui questa pianta godette fin dall’antichità Il sambuco ha rami legnosi, infiorescenze gradevolmente profumate e un cespo che può raggiungere dimensioni notevoli, essere largo e alto anche cinque metri. Un’altro componente della famiglia, il Sambucus ebulus, o ebbio, che si distingue facilmente dal primo in quanto i suoi fusti sono erbacei non molto sviluppati, anziché‚ legnosi, e fiori dall’odore di mandorle amare, ha frutti velenosi.
FOGLIE: Le foglie del Sambucus nigra sono ovali e seghettate
FIORI:I piccoli fiori color bianco panna, a forma di stella, sono raccolti in infiorescenze a ombrella e sbocciano nella tarda primavera e all’inizio dell’estate.
FRUTTI: In autunno giungono a maturazione le piccole bacche lucenti dette botanicamente drupe, di color nero-violaceo, dal sapore acidulo, riunite in grappoli, e molto ricche di vitamina C. HABITAT: Il ginepro è pianta comune nei luoghi incolti situati presso il mare come in montagna, ove cresce numeroso nella zona del faggio, del castagno e delle querce.
HABITAT:
Il sambuco cresce bene nei terreni decisamente calcarei e tollera anche quelli umidi..
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Una posizione soleggiata risulta gradita a questa pianta che si ambienta comunque senza difficoltà anche a mezz’ombra.
RIPRODUZIONE: Questo arbusto può venire moltiplicato per semina o per talea. Per la semina si procede interrando alcune bacche mature a circa 2,5 centimetri di profondità; le talee di una trentina di centimetri vanno staccate in autunno
CRESCITA: Perché‚ il sambuco si sviluppi bene è consigliabile intervenire in inverno con una decisa potatura.
RACCOLTA:I migliori periodi di raccolta per le foglie e i fiori sono in aprile o maggio, i frutti si colgono verso la fine di agosto e la corteccia si preleva in autunno.
CONSERVAZIONE: I fiori vengono fatti essiccare e si conservano poi in vasi a chiusura ermetica in modo da averli a disposizione in ogni periodo dell’anno per usarli in cucina o in farmacia. Un antico uso dei fiori essiccati consisteva nel porli nelle cassette contenenti i frutti al fine di aiutare a conservarli. Con le bacche appena raccolte in passato si preparavano delle buone confetture ricche di vitamina C.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: I fiori freschi sono ottimi nelle insalate, nelle frittate e nelle macedonie. Per preparare le frittelle, con uova e farina, si possono usare sia fiori freschi che essiccati.
BELLEZZA:Per ottenere una maschera tonificante ponete in una ciotola una manciata di fiori freschi di sambuco, una di fiori di tiglio e una di camomilla, coprite il tutto con acqua calda e comprimete i fiori fino a farne una poltiglia che, posta tra due garze, andrà tenuta sul viso per una ventina di minuti.
SALUTE: L’infuso delle foglie di sambuco cura i raffreddori. Quello dei fiori giova alla pelle a agli occhi. Il decotto di frutti È un buon lassativo.
CURIOSITA’:
Al sambuco in passato si attribuivano poteri magici, contro i demoni e le streghe. Al giorno d’oggi una apparente magia consiste nel piantare un sambuco presso le finestre di casa: le mosche ne verranno attratte e non entreranno all’interno. Un’altra “magia” del sambuco È la seguente: le piante soggette a ruggine o muffa traggono vantaggio se vengono spruzzate con una tisana delle sue foglie.
NOME SCIENTIFICO:
Santolina chamaecyparissus (S. incana)
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
La santolina è una suffruticosa rustica che forma cespi ben composti, fitti di piccole foglie persistenti grigie o verdi a seconda della specie. Per questa caratteristica le santoline vennero impiegate, nei secoli scorsi, per formare basse siepi nei giardini in stile. I fiori e le foglie delle santoline emanano un profumo intenso che ne fa una delle piante aromatiche più apprezzate. La santolina è coltivabile anche in vaso.
FUSTO: I fusti, che presentano una sezione arrotondata, divengono legnosi verso la base nel secondo anno di coltivazione, mentre sono grigiastri o verdi e ricoperti da peluria nel primo anno. Poiché i gambi delle santoline possono avere un portamento eretto o essere striscianti, queste piante sono adattabili a diverse situazioni ambientali. La santolina è coltivabile anche in vaso.
FOGLIE: Le foglie delle santoline sono persistenti e, possono essere grigio verdi, verdi o grigio argento; talora risultano pungenti al tatto, sempre sono profumate, ma non sempre gradevolmente. Di forma sono finemente settate, ma possono essere anche filiformi, nelle varietà S. rosmarinifolia e S. virens. Quest’ultima varietà è particolarmente robusta e vive anche in terreni umidi e in posizione non riparata.
FIORI: I fiori delle santoline si presentano come capolini solitari di un giallo intenso. Essi appaiono dalla piena estate fino alla fine della bella stagione e si prestano a venire essiccati.
HABITAT:
Il terreno ideale per la crescita di queste piante è quello che possiede un buon drenaggio, dunque ottimo è il terreno sabbioso. Queste piante grazie alle loro forti radici sono ideali per consolidare le scarpate.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L’aromatica santolina desidera un’esposizione soleggiata.
RIPRODUZIONE: Il più semplice metodo di riproduzione consiste nello staccare delle talee di punta in primavera o per divisione dei cespi.
CRESCITA: Queste suffriticose sono molto rustiche e non presentano alcuna particolare difficoltà di coltivazione; come si è già ricordato il terreno deve essere ben drenato. Nel caso in cui la temperatura scenda sotto i – 15ø occorre proteggere i cespi con strati di paglia, foglie di felci o rami di conifere.
RACCOLTA: Le foglie possono venir raccolte in qualunque periodo dell’anno; i fiori naturalmente in estate.
CONSERVAZIONE:Foglie e gambi fioriti si conservano dopo averli fatti essiccare.
PROPRIETA’:
IN CASA: Da secoli in tutta l’area mediterranea le santoline sono state impiegate per profumare l’aria. Esse svolgono anche una funzione insetticida: possono venir poste in cassette sui davanzali per tener lontane le zanzare. Una volta essiccate si possono porre negli armadi, nei cassetti e nei libri al fine di allontanare tarme ed altri insetti.
CURIOSITA’:
Se viene posta a dimora in un terreno troppo ricco questa pianta rallenta il suo ritmo di crescita.
NOME SCIENTIFICO:
Satureia hortensis, santoreggia, annuale – Satureia montana, santoreggia di monte, perenne
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
La Satureia hortensis è pianta annuale d’aspetto elegante, le cui foglie lineari sono più tondeggianti e più rade di quelle della perenne, e rustica, santoreggia montana. I cespi delle due varietà possono raggiungere un’altezza massima di una quarantina di centimetri: quelli della Satureia montana sono molto adatti a formare compatte e sempreverdi siepi nane.
FUSTO: I gambi, ben eretti e ramificati, sono di un verde che tende al rossastro. Una varietà di santoreggia, la Satureja repandens o repanda, è una delle più interessanti piante tappezzanti: alta meno di dieci centimetri si espande rapidamente in larghezza, in modo compatto e ordinato, è profumata, mantiene le piccole foglie in inverno (tranne dove gela), presenta minuscoli fiori bianchi e vive anche a mezz’ombra.
FOGLIE: Strette, a forma di lancia, a margine intero, piuttosto coriacee e di un bel verde brillante così sono le foglie della Satureia montana che, una volta essiccate e distribuite nei cassetti, sono utili per tenere le tarme lontane dai tessuti di lana.
FIORI: Minuscoli, di colore lilla chiaro, o bianchi, i fiori della santoreggia appaiono in estate, tra giugno e settembre, e sono molto amati dalle api. Le cime fiorite dell’annuale Satureia hortensis vanno raccolte subito dopo la fioritura, prima del rapido deperimento del cespo.
HABITAT:
Le zone d’origine della santoreggia sono l’Europa meridionale e centrale, l’India, l’Asia centro-occidentale, l’Africa meridionale: tutte regioni temperate e sub-tropicali. Il tipo di terreno che la pianta predilige è alcalino e ben drenato, ricco nel caso della santoreggia annuale, più povero per la perenne.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione ideale è in pieno sole.
RIPRODUZIONE: La semina della varietà annuale va effettuata a primavera e i piccoli semi vanno solo premuti leggermente nel terreno. Le piante perenni si possono facilmente moltiplicare dividendo i cespi in primavera e autunno, o staccando talee in estate.
CRESCITA: Le cure richieste dalla santoreggia sono poche: tra una pianta e la successiva vanno lasciati almeno una trentina di centimetri di terra; una decisa potatura ogni due anni aiuterà a tenere in forma i cespi e a rallentarne l’invecchiamento; nei luoghi ove le temperature invernali sono molto rigide è consigliabile proteggere le radici con uno spesso strato di foglie e frasche. La santoreggia cresce bene anche in vaso purché le sia garantito un substrato ricco.
RACCOLTA: Le cime fiorite della santoreggia annuale vanno raccolte in piena fioritura e fatte seccare all’ombra per usarle in inverno. Le foglie della santoreggia montana possono essere colte in ogni periodo secondo le necessità, ma le loro proprietà sono all’apice poco prima della fioritura.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Per il suo aroma pepato, deciso ed eccitante, la santoreggia accompagna infinite vivande, ma i farinacei e i legumi, in particolare fave, fagioli, ceci e lenticchie, traggono particolare vantaggio dall’unione sia a livello di sapore che di aumentata digeribilità.
BELLEZZA: Un impacco di foglie sminuzzate esercita un’azione astringente e antisettica utile per le pelli impure.
SALUTE: Un infuso delle cime fiorite di santoreggia favorisce la digestione, attenua i dolori allo stomaco, riduce la flatulenza e agisce contro la diarrea. Le foglie fresche sminuzzate e applicate sulle punture di insetti calmano il dolore, mentre le cime fiorite fatte macerare nel vino forniscono un buon tonico.
CURIOSITA’:
Il nome, che deriva dal termine latino satyrus, fa riferimento alle proprietà afrodisiache attribuite dagli antichi a questa pianta che in epoca moderna ebbe il suo periodo di splendore ai tempi di Luigi XIV, più noto come il re Sole, che pare ne apprezzasse tanto il gusto quanto le virtù.
NOME SCIENTIFICO:
Saponaria officinalis, saponaria – Saponaria ocymoides, saponaria montana.
FAMIGLIA:
Cariofillacee
DESCRIZIONE:
La saponaria è una erbacea perenne coltivata un tempo per le sue caratteristiche proprietà detergenti, apprezzata oggi per la sua fioritura. Non può essere coltivata in appartamento.
FUSTO: I fusti della saponaria sono striscianti, ma da essi si innalzano ben eretti gli steli fioriferi. La saponaria montana, molto adatta ai giardini rocciosi, presenta steli prostrati e ricoperti di peluria.
FOGLIE: Le foglie della limoncina si sviluppano a tre a tre lungo il fusto, sono lunghe, a forma di lancia, segnate da una profonda venatura centrale, al tatto sono ruvide.
FIORI: I graziosi fiori della saponaria, delicatamente profumati di frutta, sono di un bel rosa, più raramente bianchi, e sbocciano sulla cima degli steli in estate; quelli della saponaria montana, conosciuta anche come piccola saponaria, sono minuscoli, ma hanno un colore più intenso.
HABITAT:
Mentre la Saponaria officinalis ama i terreni freschi e umidi, come le ripe dei fossi, la Saponaria ocymoides, al contrario, desidera terreni asciutti e ben drenati; ambedue le specie sono diffuse spontaneamente in tutta l’Europa.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La saponaria vegeta a mezz’ombra o al sole a seconda della varietà a cui appartiene.
RIPRODUZIONE: Questa pianta solitamente tarda a emettere le gemme, quindi è necessario, alla fine di un inverno rigido, non perdere la speranza che germogli, ma perseverare nell’innaffiarla e concimarla, perché, anche se molta della chioma è stata rovinata dal gelo, è comunque probabile che le radici siano sopravvissute.
CRESCITA: Se si avrà cura di eliminare le infiorescenze appassite si otterrà una seconda fioritura; nella varietà più alte gli steli vanno sostenuti con dei tutori. In autunno è bene accorciare decisamente i fusti.
RACCOLTA:Il periodo autunnale è il più adatto alla raccolta delle diverse parti della pianta.
CONSERVAZIONE:Il metodo di conservazione usato è l’essiccazione: purtroppo i fiori perdono parte del loro delizioso profumo (che ricorda vagamente quello dei garofani alla cui famiglia la saponaria appartiene) e le foglie parte del loro potere detergente; le radici, essendo tossiche, non vanno mai usate per rimedi interni, ma solo per usi esterni.
PROPRIETA’:
BELLEZZA: Un decotto di saponaria, dopo essere stato filtrato, può venir usato come shampoo rinforzante per capelli fragili e sfibrati o per detergere le pelli delicate: non ci si deve preoccupare se non produrrà molta schiuma, non è dalla quantità di schiuma che si deve giudicare la bontà di un detergente.
SALUTE: Con il decotto di saponaria si risciacqua l’epidermide colpita da acne o da psoriasi.
CURIOSITA’:
Quest’erba venne coltivata fin dal Medioevo per il suo alto contenuto di saponina, sostanza presente nei gambi, nelle foglie e soprattutto nelle radici, grazie alla quale appunto esercita il suo delicato, ma profondo, potere detergente. Un decotto di saponaria, ottenuto facendo bollire le diverse parti della pianta in acqua piovana, è molto adatto a ridare splendore a tessuti antichi i cui colori siano stati offuscati dalla polvere e dal tempo.
NOME SCIENTIFICO:
Sinapsis species o Brassica species
FAMIGLIA:
Crocifere
DESCRIZIONE:
La senape è una pianta erbacea annuale a fusto eretto dotata di gambi glabri, arrotondati, robusti e ben ramificati; l’altezza di quest’erba varia da poche decine di centimetri a ben oltre un metro. Di questa pianta, che è stata coltivata fin dall’antichità per usi culinari e medicinali, esistono diverse varietà: vi sono la senape nera, quella bruna e quella bianca.
FOGLIE: Le foglie poste alla base dei cespi hanno forma lanceolata e margine dentato, quelle superiori sono sempre ovali e appuntite, ma hanno il margine liscio; la loro pagina superiore è di colore verde scuro, quella inferiore più chiaro. Le foglie della senape sono aromatiche e per questo motivo quelle più tenere possono venir aggiunte alle insalate.
FIORI: I piccoli fiori della senape sbocciano in estate, sono riuniti in infiorescenze, presentano quattro petali gialli, sono leggermente aromatici. SEMI: I semi della senape sono sferici, il loro colore varia dal marrone al crema; il loro aroma si sviluppa solo quando vengono macinati e posti in acqua tiepida. I semi della senape nera sono i più piccanti.
HABITAT:
La senape fa ormai parte della flora subspontanea italiana e la si può rinvenire sia nei luoghi coltivati che nei terreni incolti; il substrato prediletto da questa erbacea è sempre fertile e ben drenato.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Come la maggior parte delle piante aromatiche la senape ama una posizione soleggiata, ma vegeta molto bene anche in leggera ombra.
RIPRODUZIONE: Quando si intende procedere alla raccolta dei semi di norma si effettua una semina in primavera; se si vogliono invece consumare in insalata le foglie più tenere dei cespi occorre ripetere la semina all’incirca ogni venti giorni.
CRESCITA:Le piante coltivate per la raccolta dei semi vanno sfoltite, lasciando loro attorno un certo spazio; questa operazione di sfoltimento non risulta necessaria se si desiderano raccogliere le foglie. E’invece in ogni caso utile per garantire lo sviluppo dei cespi eseguire la sarchiatura periodica del terreno.
RACCOLTA:Le foglie da aggiungere alle insalate sono pronte da recidere già una decina di giorni dopo la semina; i fiori vanno colti quando sbocciano; le silique contenenti i semi vanno recise in autunno avanzato, quando gli steli iniziano ad ingiallire e i portasemi assumono una tinta bruna. E’ importante evitare che i frutti giungano a maturazione completa mentre sono ancora sulla pianta, perché le silique si schiuderebbero disperdendo i semi. Dopo aver recisi gli steli si espongono i portasemi al sole per completarne la maturazione, in seguito si lasciano all’aria i soli semi.
CONSERVAZIONE: I semi si conservano essiccati o nell’aceto.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Il caratteristico aroma, piccante ed amaro, viene emesso dai semi della senape solo quando vengono macinati: quelli marroni sono meno piccanti di quelli neri. I semi bianchi son quelli che si conservano più a lungo.
BELLEZZA:I semi di senape polverizzati si usano come deodorante per lavare le mani dopo aver maneggiato cipolla, candeggina, pesce o qualunque sostanza dall’aroma forte e non troppo gradevole; essi servono anche per levare il cattivo odore alle stoviglie. Coloro che hanno i piedi maleodoranti possono aggiungere dei semi di senape all’acqua del pediluvio.
SALUTE: Un impiastro di senape provoca un effetto emolliente, cura i raffreddori e allevia il dolore di artriti, reumatismi e geloni.
CURIOSITA’:
I Romani usavano molto la senape, sia in cucina, ove unendo i suoi semi macinati al mosto bollito ottennero la prima mostarda, sia in farmacia, come componente di molti medicinali.
NOME SCIENTIFICO:
Taraxacum officinalis
FAMIGLIA:
Composite
DESCRIZIONE:
Il tarassaco più che con il suo nome botanico è noto con mille appellativi comuni che ne dimostrano l’enorme diffusione: “dente di leone”, “soffione”, “dente di cane”, “cicoria matta” e “piscialletto” sono alcuni dei nomi in uso nelle varie regioni italiane per indicare questa erbacea perenne rustica, cioè resistente al gelo.
FOGLIE: Le foglie del tarassaco sono oblunghe, glabre, frastagliate cioè con i lobi triangolari dentati simili per forma ai denti del leone, e formano rosette alte anche una trentina di centimetri. Sono assai ricche di vitamine e sali minerali perciò si raccolgono in primavera, quando sono tenere, e si mangiano crude, mischiandole all’insalata.
FIORI: I fiori gialli, dal colore molto deciso, sono solitari, eretti su lunghi steli e appaiono tra aprile e ottobre. Se il tempo è cupo, quando viene sera e se vengono recisi e posti in un vaso questi fiori si chiudono. Al termine della fioritura avviene la loro trasformazione in quello che comunemente è detto “soffione”, cioè la sfera lanuginosa tipica di questa pianta erbacea, i cui acheni disperdendosi facilmente al vento consentono la diffusione dei semi.
FRUTTI: In autunno giungono a maturazione le piccole bacche lucenti dette botanicamente drupe, di color nero-violaceo, dal sapore acidulo, riunite in grappoli, e molto ricche di vitamina C. HABITAT: Il ginepro è pianta comune nei luoghi incolti situati presso il mare come in montagna, ove cresce numeroso nella zona del faggio, del castagno e delle querce.
HABITAT:
Questa perenne è molto diffusa nei campi e nei prati di tutta l’Italia.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Il tarassaco non ha grandi esigenze in fatto di esposizione e cresce bene al sole come a mezz’ombra.
RIPRODUZIONE: La propagazione del tarassaco avviene di norma spontaneamente.
CRESCITA: Questa erba non potrebbe avere l’enorme diffusione che ha se fosse una pianta esigente, teme solo i luoghi troppo umidi, ma per il resto le basta poco per prosperare, e spesso diventa addirittura un’infestante.
RACCOLTA:Le foglie si raccolgono preferibilmente prima della fioritura, per le radici i periodi migliori per la raccolta sono la primavera o l’autunno avanzato. Gli steli vanno raccolti durante la fioritura.
CONSERVAZIONE: Le radici per venir essiccate più velocemente vanno divise nel senso della lunghezza.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: Le foglie possono venire raccolte tutto l’anno e, sia fresche che lessate esercitano una benefica azione depurativa. Il risotto al tarassaco (mezzo chilo di foglie per quattro persone) si prepara come qualunque riso alle verdure. I boccioli non ancora schiusi posti sotto aceto si possono usare al posto dei capperi; la radice tostata in forno poi macinata fornisce un benefico surrogato del caffè.
BELLEZZA: Il decotto di radici, ottenuto ponendo a bollire per dieci minuti 40 grammi di radici in un litro d’acqua, esercita sulla pelle un’azione tonificante e lenitiva.
SALUTE: Per chi ha problemi di costipazione intestinale o di foruncoli derivati dal lento funzionamento del fegato l’infuso di tarassaco, preparato mettendo a bollire un cucchiaio di radice in una tazza d’acqua, costituisce un ottimo rimedio. Esso è anche un buon diuretico.
Chi si sente sempre stanco dovrebbe provare a seguire per una quindicina di giorni la cura degli steli di tarassaco: si colgono steli fioriti, si lavano poi si stacca il fiore e si mastica lentamente lo stelo che È amarognolo croccante e succoso come un’insalata. Da cinque a dieci steli al giorno, presi per una quindicina di giorni, svolgono una benefica funzione depurativa, rigenerano l’organismo e danno nuovo vigore.
CURIOSITA’:
Già nel 1500 le virtù depurative del tarassaco erano conosciute ed apprezzate, a quei tempi addirittura si riteneva che indossando una collana formata da pezzi di radici di quest’erba si acquisisse maggiore serenità e migliorassero i rapporti sociali.
NOME SCIENTIFICO:
Thymus species
FAMIGLIA:
Labiate
DESCRIZIONE:
Il timo è un arbusto sempreverde particolarmente grazioso e spesso impiegato a scopo decorativo; la sua altezza varia, in relazione alla specie coltivata, da pochi centimetri a più di una trentina; anche il portamento del timo muta e può essere eretto o strisciante. Quest’ultimo si adatta perfettamente alla realizzazione di splendidi tappeti erbosi fitti, colorati e emananti, soprattutto quando li si calpesta, un inebriante profumo di limone, di cumino o di pino, cioè l’aroma tipico della varietà messa a dimora. Il timo può venir coltivato anche in vaso.
FUSTO: Il sottile fusto del timo è di color bruno verdastro e diventa legnoso dal secondo anno d’impianto.
FOGLIE: Le piccolissime foglie, molto aromatiche, possono essere di colore verde chiaro, verde brillante o dorato, ma anche grigio o argento, e talora sono ricoperte da peluria.
FIORI:I fiori sono raccolti in piccole spighe e hanno colori che variano dal bianco al cremisi passando per la gamma del rosa e del lilla.
HABITAT:
Questo arbusto è tipico dell’area mediterranea nella quale aleggia il suo piacevole profumo; predilige un terreno ben drenato, leggero, anche arido e un po’alcalino.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Come la maggior parte delle aromatiche il timo ama molto il sole.
RIPRODUZIONE: Il metodo più semplice di moltiplicazione consiste nella divisione dei cespi o nella talea che si può staccare in ogni periodo dell’anno, tranne che in inverno.
CRESCITA: Tra una pianta e la successiva è consigliabile lasciare almeno una ventina di centimetri; in estate inoltre è bene procedere spesso a una leggera potatura per mantenere i cespi compatti.
RACCOLTA: Le foglie vanno asportate quando la pianta è in fiore e l’aroma è massimo.
CONSERVAZIONE: Gli steli tagliati devono venir essiccati all’ombra, in un ambiente secco e ventilato; in questo modo manterranno a lungo intatto il caratteristico stimolante profumo.
PROPRIETA’:
IN CUCINA: L’aroma del timo comune è apprezzato da tempo immemorabile, in quanto eccita l’appetito e favorisce la digestione dei grassi. Le foglie di timo si usano soprattutto con le carni e il pollame, ma insaporiscono vantaggiosamente anche i piatti a base di pesce.
BELLEZZA: Il timo ha un elevato potere detergente per cui chi soffre di acne dovrebbe sciacquare la pelle, dopo il consueto lavaggio, con un’infuso di timo.
SALUTE: Per le sue proprietà antisettiche il timo è ritenuto un buon battericida naturale e può venir applicato, come cicatrizzante, su piccole ferite o affezioni della pelle, dopo essere stato frullato e trasformato in impiastro. Il timo possiede anche ottime proprietà digestive: per ottenere un benefico infuso sarà sufficiente porre un pizzico di foglie in una tazza da tè colma d’acqua bollente; se è necessario addolcire con miele.
CURIOSITA’:
Nei tempi antichi l’aroma del timo, forse perché tanto intenso e vigoroso, era ritenuto capace di infondere coraggio, quindi i soldati tonificavano il corpo lavandolo con acqua di timo, e rinvigorivano l’animo bevendo tisane di timo.
Le leggende narrano che, grazie al suo profumo, il fiore del timo sia il preferito dalle fate, e la realtà afferma che, per la stessa caratteristica, è molto amato dalle api.
NOME SCIENTIFICO:
Crocus sativus
FAMIGLIA:
Crocifere
DESCRIZIONE:
Lo zafferano è una pianta erbacea perenne dotata di un bulbo-tubero sferico che è carnoso e bianco all’interno, mentre esternamente è rivestito da membrane bruno-rossiccie. Lo zafferano è un croco a fioritura autunnale ed è d’aspetto molto simile ai più noti crochi coltivati per la loro leggiadra fioritura primaverile. La parte aerea dello zafferano, a pieno sviluppo, può raggiungere un’altezza di una trentina di centimetri.
FOGLIE: Le foglie dello zafferano sono d’aspetto come quelle di tutti i crochi: sottili, lineari, simili a fili d’erba, numerose e di colore grigio verde.
FIORI: I delicati fiori imbutiformi, di color lilla violaceo, appaiono in autunno; perché la fioritura sia generosa il clima estivo deve essere stato caldo. Ogni fiore, che si schiude ai raggi del sole e si serra quando è buio o piove, presenta tre stami, o stimmi, che sporgono al di fuori del calice: questa particolarità risulta utile per distinguere il Crocus sativus, cioè appunto lo zafferano, dal simile, ma velenoso Colchicum autumnale.
HABITAT:
L’Asia Minore e l’Europa orientale sono le terre d’origine dello zafferano che è però divenuto subspontaneo in certe zone d’Italia, come l’Abruzzo, ove viene coltivato in zone collinari calde e ben ventilate che non subiscono nel corso dell’anno grossi sbalzi di temperatura. Il terreno ideale per la coltura dello zafferano è di tipo calcareo-argilloso-siliceo, va sempre lavorato in profondità e arricchito con stallatico maturo, deve infine essere dotato di un buon drenaggio.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Lo zafferano ama il sole perciò stenta nella crescita se viene coltivato in zone umide e nebbiose; non teme invece il gelo.
RIPRODUZIONE: Il bulbo dello zafferano va levato dal terreno, quando è a riposo, circa un anno dopo l’impianto; vanno poi staccati i bulbi laterali che una volta ripuliti possono venire messi a dimora interrandoli a circa una dozzina di centimetri di profondità.
CRESCITA:In un terreno ricco e ben lavorato, e in situazione climatica ideale, lo zafferano cresce senza creare particolari problemi.
RACCOLTA:La raccolta dei fiori va effettuata alla mattina al sorgere del sole, prima che il calice si apra e gli stimmi (cioè gli elementi femminili del fiore) che portano la preziosa polvere si possano rovinare.
CONSERVAZIONE: Una volta raccolti i fiori si deve procedere alla sfioratura, cioè alla separazione degli stimmi dalle corolle. Gli stimmi vanno poi subito essiccati, quindi riposti in contenitori chiusi ermeticamente che devono venire tenuti in luogo asciutto.
PROPRIETA’:
IN CUCINA:Lo zafferano è una spezia famosa e ricercata, è ingrediente squisito per molti piatti: insaporisce, dona colore, stimola l’appetito e favorisce la digestione.
BELLEZZA:I semi di senape polverizzati si usano come deodorante per lavare le mani dopo aver maneggiato cipolla, candeggina, pesce o qualunque sostanza dall’aroma forte e non troppo gradevole; essi servono anche per levare il cattivo odore alle stoviglie. Coloro che hanno i piedi maleodoranti possono aggiungere dei semi di senape all’acqua del pediluvio.
SALUTE:: Gli stimmi hanno proprietà stimolanti, toniche, stomachiche ed emmenagoghe, cioè regolanti del ciclo mestruale; poiché agiscono in dosi minime, di frazioni di grammo, vanno usati con grande cautela. L’industria farmaceutica impiega lo zafferano soprattutto nella preparazione del laudano, medicinale che va assunto a gocce ed esercita un’azione sedativa e antidolorifica.
CURIOSITA’:
Questa spezia è spesso soggetta a sofisticazioni, infatti per ottenere un chilo di zafferano si devono raccogliere circa 100.000 stimmi di fiori e ciò rende il prodotto decisamente pregiato. Talora viene perciò spacciato per zafferano il cartamo, detto anche zafferanone o zafferano bastardo, che ha però doti coloranti più che aromatiche.